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Infiltrazioni a Nadal. I ciclisti: "Lui sì, noi no"

Polemica sulle norme nel tennis. "Da noi iniezioni proibite. Hai male? Ti fermi"

Infiltrazioni a Nadal. I ciclisti: "Lui sì, noi no"

È probabile che si possa essere uguali solo davanti a Dio, per il resto mettiamoci una croce sopra: c'è chi è più uguale di altri. È il caso di Rafa Nadal, l'immenso e sempiterno campione maiorchino, fresco del suo quattordicesimo Roland Garros, dicasi quattordici, per un totale di ventidue grandi slam, che è stato argomento sulle colonne de l'Equipe di alcune considerazioni da parte di due ciclisti professionisti.

È probabile che Nadal sia unico e forsanche irripetibile, ma di certo il suo essere professionista è diverso dagli altri. Badate bene, nulla da imputare al fuoriclasse spagnolo: lui fa quello che i regolamenti gli consentono di fare, ma è altrettanto vero che in un mondo di professionisti, c'è chi è più tutelato di altri. Non mi riferisco alle camere ipobariche utilizzate nel mondo da tutti gli atleti del globo e vietate solo in Italia, ma a una semplice pratica come una infiltrazione di cortisone.

Nel ciclismo, sport che seguiamo da più di trenta anni, questo non è consentito. Per la serie: stai male? Bene, ti ritiri e vai a casa a curarti come qualsiasi mortale. Nel tennis, non è così. Nadal può essere Nadal non solo perché ha una testa pazzesca e una forza brutale, ma perché può ricorrere a pratiche (nel ciclismo vige la no needle policy, ndr) che in altri sport più restringenti e rigorosi, non è consentito.

Due giorni fa, su l'Equipe, è stato pubblicato un servizio sul campione maiorichino che ha eluso una domanda di una giornalista rea di avergli chiesto quante infiltrazioni avesse dovuto fare per arrivare al successo finale. Nadal, con grande serenità, ha risposto: «È meglio che tu non lo sappia».

Un dialogo normale per certi sport, un dialogo impossibile nel ciclismo. Thibaut Pinot, campione transalpino vincitore di un Lombardia, ha commentato ironicamente «gli eroi di oggi...», aggiungendo l'emoticon con la faccina perplessa.

E Guillaume Martin, fresco di Giro chiuso in 14ª posizione, è andato ancora più a fondo in una intervista concessa a l'Equipe: «Quello che ha fatto Nadal sarebbe stato impossibile nel ciclismo. Se si è malati o infortunati, non si corre, mi sembra solo che sia buon senso. Per diverse ragioni: primo, per la salute degli atleti. A lungo andare non sono sicuro che queste pratiche facciano bene alla caviglia di Nadal (ieri ha iniziato ad un primo trattamento con radiofrequenza pulsata, ndr).

In secondo luogo, i farmaci e ancor di più le infiltrazioni non solo hanno un effetto curativo: quindi mi sembra molto borderline». Nadal può!

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