È business, certo. Un po' è il trofeo che si presta. La Supercoppa in Italia ha tradizione recente, mutuata da altre leghe calcistiche, ma già alla sesta edizione (1993) emigrò a Washington. Poi vennero la Libia, di nuovo gli Stati Uniti, la Cina, il Qatar, adesso l'Arabia Saudita. Regola non scritta, ma logica, vorrebbe che fosse la prima partita ufficiale della nuova stagione. Dacché i soldi sono arabi, si gioca invece per ragioni climatiche a cavallo fra i due anni solari, spezzando il campionato e la sua regolarità. Peggio di quanto avvenuto nel 2022 per il Mondiale, perché allora si fermarono tutti, mentre adesso solo le 4 squadre impegnate nella Final Four di Riad e i loro avversari, le vere vittime, perché obbligate a una settimana di nulla e poi agli straordinari di gennaio.
È business, certo. Quindi il calcio va a prendere i soldi dove glieli danno. Vale per noi, ma anche per la più ricca Liga spagnola, da cui abbiamo copiato la formula, un modo per giocare 3 partite anziché una e aumentare il montepremi, che quest'anno è di 23 milioni garantiti (più 1,5 di bonus se chi vincerà avrà tempo e voglia per tornare in Arabia a sfidare in amichevole il vincitore della Supercoppa saudita). Ci sono i 9,5 milioni per chi alza il trofeo. I 6,7 a chi perde la finale e i 2,4 a chi invece esce in semifinale. Più 2 milioni di mancia che si divideranno i 16 club della Lega non impegnati a Riad: 125mila euro ciascuno, ogni commento è superfluo.
Così è, se vi pare. Così come è la Fifa a non volere Milan-Como in Australia, non siamo noi a non andarci. Perché anche quello sarebbe business e allora di nuovo niente scandalo. Solo che è Infantino a dettare le regole, lui a stabilire fin dove arriva la deriva degli affari e Perth per il momento è troppo lontana. Pericoloso precedente. Perciò usa la confederazione asiatica a fargli da paravento. Giusto ieri, PSG e Flamengo si sono giocati nel disinteresse generale la coppa un tempo più prestigiosa di tutte, della quale è stato appena celebrato il 40° anniversario juventino e di cui ricordiamo i ripetuti trionfi di Inter e Milan, battaglie epiche, allora in gara unica, passate alla storia non solo del nostro calcio.
Eppure l'Intercontinentale oggi non conta più nulla perché Infantino, cioè la Fifa, ha pensato che fosse più lucroso se quel titolo i club se lo fossero giocati in un vero torneo, lungo un mese e con 32 squadre. Intanto il Mondiale vero, quello per le nazionali, è arrivato a 48 partecipanti. Avanti, c'è posto (speriamo anche per noi).