Calcio

Inter basta un lampo da derby d'Italia contro la piccola Juve

Inzaghi si conferma ancora specialista delle sfide a eliminazione e ringrazia le "scelte" di Allegri

Inter basta un lampo da derby d'Italia contro la piccola Juve

Avanti l'Inter, avanti Inzaghi soprattutto. E che lo caccino adesso, se ce la fanno. Intanto è un'altra finale, ma già così vale quanto una Coppa perché la sconfitta è la Juventus. Sono soldi subito e certi, onore forse, più il biglietto per tornare a Riad a giocarsi la prima Supercoppa in formato Final Four. Risultato striminzito, ma vittoria larga e meritata. Per la prima volta in stagione, la più importante peraltro, la Juventus cade contro l'Inter. Il tonfo è rumoroso e doloroso, perché strappa ai bianconeri uno dei due restanti obiettivi dell'anno, sempre più deludente, oltreché sbarrare una delle due vie per l'Europa.

Allegri regala il primo tempo a Inzaghi, che ringrazia. Tre minuti e già Martinez (di testa) e Dzeko (di piede) potrebbero segnare. Il graziato stavolta è Perin. La presenza di Bonucci smaschera lo schema-base della Juventus: palla lunga e pedalare, sempre per Chiesa, finto nove e ossesso vero. Solo che la benzina non è molta e al quarto o quinto scatto, l'azzurro abbassa testa e ritmo, ovviamente senza avere mai tirato in porta. L'Inter passa con Dimarco, cui Barella apre un'autostrada nell'area bianconera: molto bene l'Inter, molto male la Juventus, davvero un gol da polli, per dirla con Allegri.

Nel primo tempo, la Juventus gioca senza centravanti e pure senza regista: Miretti è l'ombra di Calhanoglu, Locatelli resta sempre molto basso ed è il primo a schermare Lautaro, dovrebbe pensare a tutto il calcio lungo di Bonucci, dovrebbe. Così serve quasi mezz'ora per il primo tiro bianconero (De Sciglio, di testa, fuori) e 10 minuti in più per la prima parata di Onana, su Kostic, dal limite. Buona soprattutto per i fotografi.

Proprio Kostic, forse il migliore, resta negli spogliatoi a metà partita, quando Allegri decide che è il caso di provare anche a giocarsela. Dentro Milik, la Juventus passa al 4-3-3 con Locatelli che dovrebbe dare i tempi alla rimonta, dovrebbe (un'altra volta). E allora dentro anche Paredes, vizi tanti e virtù poche, tutto conosciuto.

Attaccare significa anche scoprirsi e così Dzeko s'infila in uno squarcio aperto da Dimarco, punta e salta Bremer, battendo infine Perin. Tutto bello, ma tutto inutile, visto il fuorigioco di partenza: non serve nemmeno il Var. È l'azione che annuncia l'ingresso in campo di Lukaku, forse il più atteso, di certo il più insultato dal rumoroso spicchio di curva juventina. Per contro e per risposta, gl'interisti rispondono con il primo vero coro di stagione a sostegno di Big Rom. C'è voluto tutto il pandemonio di queste settimane per suturare definitivamente la frattura dell'addio. Lukaku gioca, ma non segna. Non serve. L'Inter si difende, ma il finale della Juventus è accademico, mai incendiario. E Perin rischia molto più di Onana, soprattutto quando vola per chiudere lo specchio a Mkhitaryan.

L'Inter in finale, alla Juve resta il Siviglia.

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