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"Io, la troppa energia e la mia discesa libera per domare me stessa nella vita di tutti i giorni"

Trionfi, cadute, delusioni, gioie e tanto dolore fisico: "Però basta goggiate, vivo di picchi esagerati, ma ora sto lavorando su di me per trovare l'equilibro e non perdere più lucidità"

"Io, la troppa energia e la mia discesa libera per domare me stessa nella vita di tutti i giorni"

Chiacchierare con Sofia Goggia è come fare una discesa libera. Da Vasco Rossi alle sessioni di esame della facoltà di Scienze politiche ai diritti civili. Così tutto d'un fiato, senza possibilità di distrazioni. Lo sci diventa un filo conduttore, ma come spiega lei, le vittorie, le cadute e la sua storia sono solo una conseguenza del suo essere Sofia Goggia.

E allora chi è Sofia Goggia?

«È una giovane donna di trent'anni che scia da una vita. Ma è anche tanto altro. Ed è proprio questo ad aver definito anche la sciatrice stessa».

Cosa c'è nel tanto altro?

«Sono una ragazza che ha un carattere abbastanza forte con tratti di testardaggine. Soprattutto una forza di volontà indomita e tante risorse, ma anche delle fragilità».

Il tuo 2022 passa alla storia per i grandi recuperi?

«L'argento olimpico di Pechino tornando 23 giorni dopo l'infortunio al ginocchio e vincere una medaglia olimpica, resterà l'impresa della mia vita. La vittoria prima di Natale a St. Moritz ha fatto effetto perché in poche ore sono salita sul podio rompendomi la mano, mi hanno operata e il giorno dopo mi sono ripresentata per vincere».

Detto così fa ancora più impressione.

«A Pechino con le difficoltà per rimettermi sugli sci è stata molto più dura. A St. Moritz non ho vinto con la mano rotta, ma solo ora le dita iniziano ad avere la loro forma, la mano è meno blu, meno nera. Non sono più bicolor».

Adesso si parla di una filo... Sofia del dolore?

«È un concetto molto difficile da esprimere: pensiamo a una donna che ha un incidente in auto, mai ti aspetteresti che possa ribaltarla. Ma se c'è un bambino, quella donna per salvare suo figlio troverebbe la forza per ribaltare l'auto. Nel nostro cervello ci sono delle risorse inesplorate che in emergenza ti tirano fuori una forza che non sappiamo neanche di avere».

I recuperi fanno più storia delle vittorie.

«Quando mi sono rotta la mano non ho avuto neanche la possibilità di guardare al dolore perché il mio obiettivo era talmente grande che non c'era spazio per pensare alla mano che non può tenere il bastone: Vorrà dire che la lego con lo scotch mi sono detta. E così è stato. Sono orgogliosa delle vittorie, ma la mia gara è al di fuori della pista, la mia competizione vera è l'evoluzione personale».

Come spieghi le goggiate?

«Ho un'energia tale che mi trovo a vivere dei picchi esagerati. Sto lavorando su me stessa per trovare una solidità, affinché questa energia scorra in equilibrio. Perché finché vai verso l'obiettivo è un conto, ma quando lo raggiungi, poi fai fatica ad essere lucida».

C'è pure un poco di follia?

«A St. Moritz c'è chi mi ha guardato pensando questa è pazza. Ma io ero consapevole di quello che volevo. Questa energia che mi porta a fare cose incredibili, quando ha un calo mi fa compiere errori di distrazione. Come posso vincere dopo un'anestesia generale, così posso farmi male prima dei mondiali scendendo con lo zaino in spalla da una pista da turista».

Ma ora...

«Sto trovando la giusta lucidità in ogni momento: è la chiave di una crescita e di una costanza che solo ora sento di avere».

Serve per reggere la pressione di essere la sportiva italiana più importante?

«Ogni volta che sento parlare di pressione rispondo con una frase di uno dei miei libri preferiti Lettere a una ginnasta giovane di Nadia Comaneci: La pressione non esiste perché la pressione esiste nel momento in cui tu ti deconcentri dalle cose essenziali a cui invece devi pensare per performare al meglio. E io paradossalmente ho sentito più pressione a delle garacce Fis, mentre le Olimpiadi sono quelle in cui mi sono divertita di più. È come se fosse un'equazione inversa per me. Più delle pressioni esterne, sono le aspettative interne a influire».

Ed ecco la filo... Sofia della vittoria.

«Gregorio Paltrinieri parla dell'acqua come di quell'elemento che ti può essere tanto amico ma anche nemico. Io dico che la neve è il riflesso del mio carattere. Ci sono giornate in cui sono più sconclusionata rispetto ad altre sugli sci: si vede solo guardandomi in faccia al via. Vincere è importante, ma non penso al successo fine a se stesso. Voglio arrivare sempre prima, ma sono concentrata sulle cose da fare per riuscirci. La vittoria è una conseguenza».

E così sei diventata la regina della discesa libera.

«Per me è libertà, la velocità è espressione di me. Le curve tirate bene, la pressione giusta sullo sci esterno mi fanno sentire una cosa sola con i miei due e diciotto. È come se mi fondessi con gli sci, divento un tutt'uno, mi danno una sensazione di completezza».

Per te è sceso in «pista» anche Vasco Rossi...

«Mitico. Vado al massimo, ma suonano bene anche E va bene così, senza parole. E non è male Liberi Liberi».

Cosa vuol fare da grande Sofia Goggia?

«Vuole vincere le Olimpiadi».

Mi permetto di ricordarti che l'hai già fatto.

«Grazie. E io mi permetto di ricordarti che il miglior modo per onorare i propri sogni è di continuare a sognarli».

E dopo?

«Sono molto, molto ambiziosa, una che non si accontenta mai. Prima quando mi chiedevano cosa volessi rispondevo sopravvivere negli altri. Ero giovane e tormentata. Ora gestisco i tormenti e dico che voglio lasciare un segno di me nel cuore degli altri».

Ecco la filo... Sofia di vita da trasmettere ai giovani.

«Vorrei che gli altri riuscissero a fare quello che io non sono ancora riuscita a raggiungere pienamente: credere fortemente in se stessi. È l'unica via».

Dietro la campionessa ci sono anche debolezze?

«Coltivo il dubbio in me stessa: significa porsi domande sul proprio percorso. Ma a volte è una debolezza. C'è un detto inglese: sei tanto forte quanto il tuo punto più debole».

Il rifugio è la tua famiglia?

«Cerco di dare qualità al tempo che passo con i miei. Il tempo è il mio lusso. La famiglia è quel letto soffice dove potersi appoggiare».

Il libro sul comodino?

«Le notti bianche di Dostoevskij».

Arriva la notte di Capodanno... Nel 2023 ci sono i Mondiali, l'unica cosa che non hai ancora vinto.

«Non tiro nemmeno mezzanotte, devastata dalla vita d'inverno. Voglio dormire! Secondo me la gara di St. Moritz mi è venuta così bene perché con l'anestesia generale mi sono riposata! Non scherzo. Ho dormito così tanto...».

Filo... Sofia del sonno?

«Dovrei essere sedata perché ho il cervello che continua a pensare. Quando mi hanno svegliata dopo l'anestesia, perché mi hanno dovuta svegliare, ho alzato il braccio destro a mimare la pista e mi hanno detto preoccupati: Sofia tutto bene?. E io: Doc tranquillo. È la pista per domani. Prima delle gare ordino al mio cervello di studiare il tracciato nel sonno e quando mi sveglio al mattino potrei non fare la ricognizione».

E la Sofia studente come se la passa?

«Ho fatto l'esame di Storia delle dottrine politiche. Mi ha entusiasmato. Scienze politiche mi dà un'infarinatura generale. E la Luiss è una delle poche università in Italia che valorizza la dual career, che ti permette di coniugare un percorso di studi con l'impegno sportivo».

Come concili tutto?

«Basta togliere ore al cellulare. A Copper Mountain mi sono imposta di studiare anche dopo due ore e mezza di sci, in catalessi per il freddo».

Sei impegnata anche contro il cambiamento climatico. Il presidente del Cio Bach ha appena lanciato l'allarme sul futuro dello sci.

«Sono ambassador Deloitte per la sostenibilità. Noi facciamo piccoli gesti, poi succede che costruiscano stadi con aria condizionata. Il pianeta è uno: o si va tutti in una direzione oppure nulla ha senso».

Il Mondiale di calcio in Qatar e le polemiche.

«Con oltre seimila lavoratori morti si parla di diritti. Sono una di valori. Non mi piacciono le facciate».

E Bergamo non è solo uno skyline sul casco.

«Nel mio sangue scorre Mola mia... Mi porto nel cuore le passeggiate col cane, il mio edicolante, la colazione al bar, la gastronomia. Quelle cose che mi fanno sentire una persona normale».

Difficile esserlo se ti paragonano ad Alberto Tomba e Federica Pellegrini.

«Come Alberto trasmetto emozioni: con me al cancelletto non sai mai cosa capiterà. Con Federica c'è intesa, la stessa mentalità. Ci frequentiamo molto a Verona, con lei mi ritrovo tantissimo».

Storie a cinque cerchi.

«La bambina Sofia che voleva sciare ha capito di avercela fatta alle Olimpiadi».

Ma non ditele che le ha già vinte. E soprattutto aspettando Milano-Cortina 2026 non svegliatela dal sogno.

Perché Sofia che dorme (bene), poi trionfa.

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