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Italia culla dei vincenti. Le leggende dello sport sbocciano nel Belpaese

Da Ali a Stenmark e Bjoerndalen, da Federer a Vettel, quanti campioni sono decollati da noi

Italia culla dei vincenti. Le leggende dello sport sbocciano nel Belpaese

Italia, terra amata dai campioni. Italia che accoglie i propri beniamini e li abbraccia teneramente come una mamma fa con il suo figliolo. Italia che è l'ideale trampolino di lancio di imprese fuori dall'ordinario. Italia che, per questo, si rivela la culla prediletta dei fuoriclasse.

Il nostro Paese è l'asilo nido di assi e leggende dello sport universale. Perché è qui che quei talenti ancora da svezzare osservano e apprendono quanto sia lungo e irto di ostacoli il cammino verso la gloria. L'Italia è un luogo di addestramento dove crescere, con effetti virtuosi e benefici su corpo e mente. É la prima tappa di un Giro che si rivelerà trionfale. D'altronde, non si è campioni senza fame e rabbia agonistica, volontà di emergere sin dalla prima curva, dal primo chilometro, dalla prima bracciata. Ed è proprio qui, nella tanto vituperata terra chiamata Italia, che diversi campioni amano alla follia e vorrebbero ritornare, visto che il posto dove hanno imparato, per la prima volta, il verbo vincere. E la prima volta non si scorda mai

Non c'è atleta, pilota, nuotatore, calciatore che statene certi - abbia dimenticato la prima gioia della carriera. Certo, per elencarli tutti servirebbero ore e ore. Però, un fatto è acclarato: dietro alle medaglie, ai record acchiappati c'è un pizzico della nostra cara Italia. Prendete l'Olimpiade di Roma del '60, la prima trasmessa in tutto al mondo dalla tv, rassegna - se ce n'è una - di aneddoti e racconti straordinari, come quella di Abebe Bikila, l'etiope che trionfò a piedi nudi sotto l'Arco di Costantino nella 42,195 km, un oro poi bissato a Tokyo. O di Cassius Clay, che a diciotto anni si prese l'alloro olimpico a suon di cazzotti nei mediomassimi, prima ancora di convertirsi in Muhammad Ali, e poi destinato a segnare un'epoca.

Risalendo lo Stivale, con tappa al Mugello, il tempio italiano delle moto, dove il funambolo delle due ruote Marc Marquez ha intascato il primo successo in 125, dando il là a un epopea che difficilmente qualcuno potrà arrestare. Un altro ragazzino talentuoso fatto in casa è Kobe Bryant, che da piccolo seguiva in trasferta papà Joe, ex giocatore di Reggio Emilia, Pistoia, Rieti e Reggio Calabria. Tra i parquet italiani il Mamba, che al dito ha messo cinque anelli Nba con i Los Angeles Lakers, ha carpito i segreti del gioco della pallacanestro.

A Milano e dintorni c'è chi ha fatto saltare il banco con due trionfi scioccanti, in quanto inaspettati. C'è la versione baby di uno scatenato Roger Federer, con la bandana ribelle sul capo, che diciassette anni fa, proprio sotto la Madonnina, scrisse il primo capitolo di un favola magica che, ad oggi, non sembra voler terminare. C'è un raggiante e gongolante Sebastian Vettel che, sotto una pioggia infernale, mise le ali alla Toro Rosso (con motore Ferrari) nel 2008 e fece risuonare l'inno tedesco a Monza come l'idolo Schumacher.

Allo stesso modo, a Bomba si tuffava dal cancelletto di partenza Albertone Tomba, che in Alta Badia e Sestriere, sedusse e attirò l'attenzione dei media già dopo il primo podio e trionfo tra le nevi di casa, dove invece, due campionissimi giunti dalla lontana Scandinavia come Ingemar Stenmark e Ole Einar Bjoerndalen, re incontrastati di alpino e biathlon, rispettivamente a Madonna di Campiglio e Anterselva, hanno dato il via a carriere leggendarie.

Sovente in certe banali interviste sentiamo dire agli atleti stranieri: «Italy? Yeah, I like Italian food». Tutto vero, come negarlo. Ma, non c'è cibo che tenga. Ai fuoriclasse piace, soprattutto, vincere.

E farlo in Italia, visti i precedenti, è persino un affare.

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