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Jannik, Matteo e il "ma de che?" del tennis

Sinner vince e si scusa, Berrettini risponde così. Senza ipocrisia

Jannik, Matteo e il "ma de che?" del tennis

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La premessa è che il tennis è cosa per gentleman, ma che come ha detto una volta Andre Agassi è anche «uno sport violento, uno contro l'altro, e la scelta è brutalmente semplice quanto sul ring: uccidere o essere uccisi. Sconfiggere o essere sconfitti». Sono le due anime che combattono con una rete in mezzo, e il risultato è un'inevitabile ipocrisia che aleggia nell'aria ogni volta che finisce un incontro, quando stringi la mano all'avversario e devi cercare qualcosa di carino da dirgli. Non che Jannik Sinner e Matteo Berrettini lo siano, ipocriti, per carità: tutt'altro. Ma certo l'abbraccio sincero dell'altra notte a Toronto, con Sinner vincitore (6-4, 6-3) e Berrettini comunque sorridente, ha riservato una frase che mette a nudo il fatto che poi, a tennis, non basta solo odiare la pallina quando sei in campo. E che però è importante poi dimenticarsi tutto quando sei fuori.

«Ma de che?», geniale quanto molto romana, la risposta partita istintiva a Matteo non poteva che essere insomma migliore. Jannik si era giustamente appena congratulato con lui per l'ottima partita, ma aveva anche aggiunto un «mi dispiace» sincero nelle intenzioni, però sicuramente non veritiero nella realtà. Chi si dispiace di aver vinto una partita? Neanche al circolo con un aperitivo in palio. Per questo lo scambio verbale è stato alla fine divertente, come lo è stata la prima sfida tra i due giocatori diversi, ma gemelli nella passione che sanno trasmettere ai tifosi. Perché poi, un altro paradosso del match è stato che fosse impossibile per noi spettatori fare il tifo. E in uno sport dove o si vince o si perde, siamo quasi all'assurdo.

Ma non lo è, in fondo: se è vero che vincere è l'unica cosa che conta, perdere è anche l'unica cosa che ti insegna a vincere. Lo sanno benissimo sia Jannik che Matteo, che quando venne steso a Wimbledon da Federer, arrivato a rete trovò il modo di chiedergli «quanto devo per la lezione?». Geniale, anche in quel caso.

E dunque: Sinner sa bene come si vince, visto che è il nono derby italiano su nove che si aggiudica. E Berrettini sa come si perde, con il sorriso, rendendosi conto che il recente passato è, appunto, ormai passato. Vista la qualità del gioco messa in campo dai due, di sicuro questa prima sfida tra loro non sarà l'ultima, e così - se la prossima volta dovesse vincere Matteo - la certezza è che di sicuro non gli dispiacerà.

Anche perché Jannik saprebbe cosa rispondergli: «Ma de che?».

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