Adesso c'è un motivo autentico perché a Milanello possano chiamarlo il presidente. All'inizio la spiegazione fu da presa in giro: Franck aveva occupato il posteggio, dinanzi all'ingresso principale, riservato al presidente Paolo Scaroni. Da quel giorno per tutti i suoi sodali è diventato il presidente. E la curva, appena Kessie si è confermato uno dei pilastri del nuovo Milan di Elliott, Maldini e Pioli, l'ha eletto a Presidente con la maiuscola intonando il motivetto che rende particolarmente orgoglioso («c'è solo un presidente») l'interessato. Le sue dichiarazioni sul futuro del proprio contratto in scadenza tra un anno sono diventate massaggio cardiaco per il popolo dei tifosi e hanno disarmato tutti gli scenari inquietanti, resi inevitabili dalle amarissime esperienze di Donnarumma e Calhanoglu. Con il rinnovo di Kessie, il Milan può mettere anche un punto fermo sul futuro e offrire un segnale al resto del calcio-mercato, come a dire: guardate che non sono tutti come Gigio o il turco.
Ma c'è una clamorosa differenza che separa le vicende tra il portiere azzurro campione d'Europa e l'ivoriano nel frattempo impegnato in Giappone. Ed è forse la più interessante. Al netto delle dichiarazioni d'amore di uno rispetto al silenzio assordante dell'altro, cresciuto e allevato dal settore giovanile rossonero, c'è una evidente frattura tra chi ha affidato la propria vita, e di conseguenza la propria carriera, nelle mani dell'agente che ne ha disposto il trasferimento inseguendo i propri golosi interessi e chi invece ha deciso di testa sua della propria vita e della propria carriera dando al procuratore disposizioni opportune. L'ultima differenza è un'altra e soltanto il tempo potrà scavarla oppure annullarla: Donnarumma a Parigi dovrà confrontarsi con un rivale del ruolo (Navas) che ha già mostrato di non gradire il declassamento in panchina, a Milanello Kessie è considerato - proprio come sarebbe successo a Gigio - un padre nobile della ricostruzione milanista.
Il contenzioso con Raiola non si è concluso con la partenza per Parigi del portierone azzurro. Un altro caso spinoso diventerà l'improbabile rinnovo di Romagnoli, scalzato non da un capriccio di Pioli ma dal rendimento super di Tomori (e di Kjaer).
Il difensore romano, sbertucciato per i duelli persi con Lukaku, era già finito fuori lista dalle scelte di Mancini. Dovesse decidere di sfilarsi la fascia da capitano per trovare un posto da titolare, avrebbe qualche motivo in più dei due appena usciti da Milanello.
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