Cognome da sette nani, soprannome, Kimi, da campione senza paura, un autografo di Domenico Fioravanti appeso in camera: come fosse un angelo custode. Aggiungete una fidanzata di cappa e spada che si chiama Rossella (Fiamingo) ed è una spadista azzurra: dunque da trattare con le dovute cautele. Luca Dotto ha di tutto un po per essere personaggio: faccia da film, occhi da divo, tipo da costume a bordo vasca o da smoking. Poi non guardategli le scarpe, per quelle fa volare la fantasia: le disegna lui in un tripudio di colori. «Vedrete a Londra, mi piacciono quelle che si fanno notare». A Londra ci andrà per nuotare nei 50 sl, ma la gara dei suoi sogni è quellaltra: i 100 sl. Non ha ancora ottenuto il tempo di qualifica, ieri è andata male ai campionati italiani, ma tempo al tempo. Non è facile, Kimi nuota fra veri siluri umani. Racconta: «A Londra punto al massimo. E il massimo è lasciare un segno nella finale dei 100 stile libero. I 100 nel nuoto sono come i 100 metri nellatletica: gara regina, la più affascinante. È eccitante, se combini qualcosa ti ricorderanno sempre».
Allora inutile chiederle chi vince?
«Per scaramanzia rispondo: vinco io. Poi, ragionando, è impossibile dare un nome a colpo sicuro: i favoriti sono tanti e tutti forti».
Londra come Olimpiadi, primo pensiero?
«LOlimpiade è molto di più di un europeo o un mondiale. È mille volte di più. Qualcosa di grandissimo, spettacolare, emozionante. Quasi da non rendersene conto».
Problemi previsti?
«La vita al villaggio olimpico: cè il rischio di farsi distrarre, esserne disorientato, perdere la concentrazione».
Perché?
«Perché lo guardi con occhio da ragazzo, esperienza unica».
Chieda consigli a Fioravanti, quello dei due ori a Sidney, quello appeso al muro della stanza...
«È come mi avesse aperto gli occhi da piccolo. Avevo appena iniziato, veder vincere lui e Rosolino a Sidney è stato un segno. Il mio pallino è diventato quello di arrivare sul podio: come loro. Mi hanno regalato un sogno».
A 13 anni ci stava ripensando...
«Sono naturalmente pigro, poco propenso alla fatica. Anche se ora sono molto migliorato. A 13 anni mi ha preso la crisi da età stupida. Volevo giocare a basket, gioco di squadra più divertente. Altro che allenamenti noiosi. Poi i genitori mi hanno fatto ragionare».
Dice basket, ma il soprannome è quello di un pilota di formula uno: Raikkonen.
«È il segno della mia passione per lex pilota della Ferrari. Nei miei idoli sportivi cerco lo stile di vita, laggressività».
I tre idoli sportivi?
«Al terzo posto Raikkonen. Al secondo Federer, oltre ad essere un vincente nel tennis, è un signore: tanta classe, da invidiare. Al primo Michael Jordan: un emblema massimo dello sport. Ha mollato, è tornato, ha vinto ancora due campionati».
E se uno dice Bolt e Phelps cosa pensa?
«Due sovrumani, hanno rivoluzionato le grandi prestazioni. Ora non sfidano gli altri umani, solo i loro limiti. Per la nostra generazione è una fortuna vivere questo tempo».
Li rivedremo a Londra...
«Certo, ma non credo che Phelps possa ripetere gli otto ori, a Pechino ha avuto anche un po di fortuna. Invece Bolt può replicare».
Senza chiedersi cosa ci vuole per diventare Phelps o Bolt, quanto ci vuole per sentirsi Dotto che va alle Olimpiadi?
«Intanto un chilo di muscoli in più: li ho messi, pur cercando di mantenere un equilibrio per sfruttare la mia innata acquaticità. I muscoli fanno bene per i 100 sl ma non fanno male per i 50».
Quanto lavoro ogni settimana?
«Venti ore in acqua e quattro e mezzo in palestra. Direi 75-80 km al mese. Ho badato molto alla resistenza. Ai mondiali mancavo nelle bracciate degli ultimi 15 metri».
Un difetto?
«Rischio nella concentrazione, non devo disperdermi in cose secondarie»
Un pregio?
«Sono un agonista, ho la certezza che ci sarò sempre. Ho sempre detto la mia nelle gare».
Veneto purosangue....
«Sono molto attaccato alla mia terra. Non dico prima veneto, dopo italiano: è blasfemo. Soprattutto ora che abbiamo celebrato i 150 anni. Però noi siamo gente semplice, determinata, i numero uno tra i lavoratori».
Siete anche buongustai. E Dotto?
«Certo, nei vini sono incerto tra Prosecco e Cartizze. Nel mangiare dico piatti tipici fatti con il ragù di selvaggina eppoi la nostra luganega».
Un giorno ha detto: mi colloco nel futuro. Dunque?
«A Londra vado per vincere, ma il futuro non è qui. Ho solo 22 anni. Ci sarò al Rio nel 2016 ed anche nel 2020: cè molto da migliorare e conquistare».
Dispiaciuto perché Roma è rimasta fuori dalla gara per il 2020?
«Mi spiace, avremmo potuto dimostrare che noi italiani sappiamo fare le cose in grande.... Ma forse è stato meglio per evitare i soliti magna magna».
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