L'arbitro stende l'Udinese Juventus, poker al veleno

L'arbitro stende l'Udinese Juventus, poker al veleno

di Tony Damascelli
N emmeno la morte di un cardinale, Carlo Maria Martini, scomparso all'età di anni ottantacinque, è servito a far rispettare il silenzio di un manipolo di ignoranti che hanno preferito, ieri a Milano, inneggiare a un calciatore piuttosto che a chi non appartiene più a questo mondo becero. Sono gli stessi pellegrini che però accendono ceri a piangono lacrime se scompare un tifoso, un capopopolo e urlano, strillano, scaricano la loro volgarità e miseria esistenziale. Dunque sarebbe opportuno abolire i sessanta secondi (che il grande Concetto Lo Bello riduceva a trenta, intuendo che il tempo era eccessivo per gli abitanti dello stadio) e istituire un minuto di insulti e bestemmie, repertorio classico del meraviglioso pubblico. A proposito di repertorio, il gol di Florenzi su assist di Totti è stato illustrato dalla voce di Sky, Caressa Fabio, così: «La palla canta e suona il piffero». Anche in questo caso sarebbero opportuno dieci secondi di raccoglimento ma tant'è, questo passa il convento, anche in pay per view via satellite. La stessa emittente, nella grafica di Cagliari-Atalanta, ha preferito la formula delle sole due lettere della squadra sarda per evitare un abbinamento emblematico: Cag-Ata.
Giornata, come al solito, piena di piccole cose spacciate per grandi e grandiose. Il rigore concesso alla Juventus, con espulsione ingiusta del portiere friulano e partita leggermente condizionata (nessun tiro in porta dei friulani fino al gol dell'1 a 4), ha riempito i commenti che invece si sono tenuti alla larga da altri penalty e fuorigioco non fischiati ma, si sa, chi ha il potere, almeno in classifica, fa notizia. Per esempio il sindaco di Napoli, De Magistris Luigi, e l'azionista di riferimento del club calcistico, De Laurentiis Aurelio (il de con l'ablativo deve fare tendenza nella città di De Curtis, detto per noi Totò) insomma Napoli dovrebbe vergognarsi delle condizioni del prato del San Paolo, roba da beach volley o da Natale in Africa. Seminare il campo e poi giocarci sopra è da geni del giardinaggio ma fa parte del teatro nostrano, laddove la Lega sposta a Pechino i suoi tornei nazionali trascurando le miserie interne. Resta il mistero di un'estate intera trascorsa a guardare le stelle e a preoccuparsi di altro mentre il campo era malato di funghi.

Nel grande caos tricolore non va trascurato quello che è successo al calcio Riccione, due squadre con la stessa insegna in campo, una addirittura scortata dai carabinieri, gli avversari TuttoCuoio non capivano con chi giocare e i tifosi romagnoli divisi nella stessa tribuna. Roba da matti. Per fortuna adesso c'è la pausa, gioca la nazionale e, come si dice, viva l'Italia. Tanto poi si ritorna, come prima, più di prima.

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