Il povero diavolo è sempre più povero. Ancora una sconfitta, l'ennesima (la 5ª in 8 partite, non accadeva da 71 anni), anche se al cospetto della Lazio che resta sulla scia di Napoli e Juventus, ancora un passo indietro, ancora un cedimento prima strutturale e clamoroso. Sfiorata l'umiliante lezione. Tre gol subiti in allegria dopo appena 50 minuti sembrano l'annuncio di un autentico nubifragio, parzialmente rimediato alla fine. Ma attenti: la reazione, orgogliosa, della ripresa, firmata dal Milan, con i due gol di De Jong e El Shaarawy che mettono la Lazio sotto pressione e anzi aggiungono ansia e insicurezza alle loro cadenze, non possono cancellare il disastro realizzato dal Milan nella prima parte del viaggio romano. La sosta del campionato invece di restituire una squadra dal piglio e dal passo diverso, è come se avesse fatto tornare indietro tutti, squadra e allenatore compreso. Adesso è autentica crisi, una crisi nera nella quale non si intravede la fine. La squadra è fragile, emotivamente debole, è anche sfortunata d'accordo: appena c'è un segnale negativo, precipita nella più desolante depressione. Questa volta non ci sono appigli, non ci sono alibi, non ci sono gol tolti o sfondoni arbitrali. Questa volta è tutto il Milan che deve prendersi sulle proprie spalle la responsabilità dell'ennesima disfatta. Che ha spiegazioni precise.
A furia di montare e smontare il meccano del Milan, alla ricerca della formula magica che non c'è, Allegri finisce più per disorientare i suoi che per trovare la combinazione giusta. Così la sua scelta di affrontare la Lazio tornando al vecchio sistema di gioco, il tradizionale 4-3-1-2, invece di recuperare effetti positivi nella testa e nelle gambe dei suoi finisce per disorientare e provocare nuove e più inquietanti fragilità. Se poi l'intento è quello di ridisegnare la squadra in modo da recuperare Nocerino o Boateng, beh risulta clamorosamente fallito. Intendiamoci: Allegri ha le sue responsabilità, il gioco non si vede, non decolla, anzi, dopo la sosta, sembra precipitato, ma poi è il rendimento disarmante di taluni esponenti a provocare l'ennesimo crac. Tre gol subiti in meno di 50 minuti sono un altro record da mettere nella bacheca disastrosa della stagione rossonera diventata una discesa scivolosa e pericolosa verso la zona retrocessione. Il riferimento, nello specifico, chiama in causa per esempio Bonera, capitano, che "abbocca" facilmente alla doppia finta di Hernanes sul primo gol oppure Amelia che prende gol da fuori area in modo molto discutibile da una stoccata di Candreva andando a caccia di farfalle sulla traiettoria velenosa o ancora Abate che rientra in trincea col tram a cavalli lasciando Klose solo soletto per il rifilare il terzo schiaffo sulla faccia del Milan. Un solo guizzo, nel primo tempo, dell'immancabile El Shaarawy (salva sulla linea di porta Dias) è l'unico attestato di vitalità di una squadra che sembra morta nel cuore e nelle gambe. E che in particolare non ha idee da esibire ed esponenti sotto tono. Boateng è il primo della lista, seguito da Nocerino, Antonini. Montolivo con El Shaarawy sono gli unici degni di indossare la gloriosa casacca del club berlusconiano.
Più tardi, a ripresa cominciata da un bel pezzo, modificato il sistema di gioco, quando torna (finalmente) Pato (ultima sua apparizione in campionato è datata 25 febbraio, sfida contro la Juve) ed Emanuelson rimpiazza il fantasma di Boateng, il Milan è come sottoposto a una scossa benefica e ne ricava una reazione dignitosa che ha uno sbocco quasi naturale nel gol del 3 a 1 (su punizione di Emanuelson tocco in disperata scivolta di De Jong) e in quello successivo del 3 a 2 che segnala la virtù balistica del giovane faraone. Dategli una palletta, una sola, e vedrete cosa sarà capace di realizzare il giovanotto. Il finale del Milan è un tentativo disperato di rimonta. Allegri può addirittura chiudere con quattro punte sul prato (anche Bojan nella mischia al posto dell'inutile Antonini) nella speranza di risalire dal precipizio. Ne viene fuori un assedio cieco e coraggioso durante il quale la Lazio riesce a rinforzare gli ormeggi e a conservare il vantaggio con qualche affanno.
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