Matteo Basile
Ci sarà un motivo se l'Inter negli anni si è meritata l'appellativo di pazza. Ma forse non basta. Psicopatica, da ricovero, meritevole di una camicia di forza ben stretta. Perché la squadra vista negli ultimi due mesi, quella che per esempio ha faticato terribilmente a fare risultato in casa contro il Benevento ultimo della classe, non può essere la stessa che ha disintegrato la Sampdoria ieri a Marassi. Straripante, bellissima, concreta, determinata. Praticamente perfetta. Un'Inter che corre tanto e inventa gioco, annichilisce l'avversario e crea palle gol in serie. No, non può essere la stessa vista negli ultimi mesi. Eppure lo è. Pazza. Da ricovero. Ma ritrovata, alla buon'ora. Dall'andata al ritorno, contro la Sampdoria si scatena e trova le due più belle partite della stagione. Forse quella di ieri anche meglio perché senza pause e amnesie.
Una squadra che ne fa cinque e rispolvera un Icardi super. L'argentino cercava da tempo il gol numero 100 in serie A e in un balzo solo arriva a 103. Un poker da applausi, da ex fischiatissimo, a una Samp a cui fa sempre male (10 gol in 9 partite, 6 in due partite soltanto quest'anno). Ma note di merito in casa nerazzurra vanno a tanti. Rafinha fa la differenza in mezzo al campo, gioca da regista avanzato con tanta quantità e tantissima qualità; Candreva è tornato ai livelli di inizio stagione ed è uno stantuffo sulla fascia; Perisic ritrova il gol che mancava dal 3 dicembre scorso; Brozovic da mediano corre, lotta, pressa e imposta così come il compagno di reparto Gagliardini. Bene, benissimo quest'Inter. Male, a tratti inguardabile la Sampdoria in piena involuzione che adesso rischia fortemente di perdere il treno europeo, lontana parente di quella bella e spumeggiante di un paio di mesi fa.
Dopo tante critiche meriti anche a Spalletti. Per due mesi la sua Inter aveva perso brillantezza e idee senza che il tecnico cambiasse nulla. Finalmente con il Napoli ha trovato un nuovo assetto con Brozovic mediano e Rafinha sulla trequarti. Sembra poco ma erano i cambi necessari per dare una scossa e ritrovare la verve perduta. E chissà se quella frase sibillina sulla mancanza di qualità della sua squadra non sia servita a dare nuovi stimoli a chi sembrava sdraiato e intimidito. «Non so quale sia il sistema per vincere ma conosco quello per perdere che è quello di fare sempre i complimenti a prescindere e di dire sempre bravi a tutti», ha spiegato Spalletti. «Il mister ci ha provocato e abbiamo reagito», conferma Icardi. Ah, la psicologia.
Certo, al Ferraris non c'è proprio gara. L'Inter domina in lungo e in largo, sfiora più volte il vantaggio finché non la sblocca Perisic al minuto 25, con un colpo di testa da centravanti vero su assist di Cancelo. Poi va in scena il Maurito show. Dal digiuno all'abbuffata, quattro gol che lanciano l'Inter. Al 29' su rigore, due minuti più tardi con un geniale colpo di tacco che risolve una mischia, poi con un tocco ravvicinato al 44' e, nella ripresa, con un diagonale un po' sporco che sbatte a terra e supera Viviano. A 25 anni, già 103 gol in A. Scusate se è poco.
Segnali forti al campionato e a tutte le rivali: l'Inter è tornata.
«C'è stata una presa di coscienza, abbiamo capito cosa dovevamo correggere ora è un'altra squadra», spiega Spalletti. Una squadra che, senza ulteriori amnesie e pause, ha l'obbligo morale di giocarsi la Champions sino all'ultimo. E con un Icardi così niente è impossibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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