Milano - Zero totale. Tra Inter e Napoli in centottanta minuti. Tra andata e ritorno nemmeno lo straccio di un gol. Ma il pareggio di ieri ha un peso specifico straordinario sul campionato delle due squadre. Perché il Napoli subisce il sorpasso della Juventus e perde il primato che finora aveva dato in prestito proprio all'Inter per due giornate dopo il ko con la Signora, per poi riprenderselo fino a ieri sera. Il pari di San Siro segue il tonfo con la Roma e adesso la Signora può scappare a più quattro nel recupero di mercoledì con l'Atalanta. Se non è una svolta decisiva, ci assomiglia molto. Dall'altra parte l'Inter se ne fa poco di un punto che non la fa rientrare in zona Champions, anzi adesso sente davvero il fiato sul collo del Milan, risalito a meno cinque. La squadra di Sarri non ha la personalità per legittimare le ambizioni scudetto che per forza devono passare per prestazioni convincenti su campi come quelli di San Siro. Viceversa la formazione di Spalletti è ormai al voglio ma non posso, che l'accompagna da ormai tre mesi.
E così ne esce un pallido e inutile zero a zero anche perché Spalletti la prepara come all'andata: intasa le linee di passaggio del Napoli. A differenza di un girone fa, il progetto tattico prevederebbe anche una maggior pericolosità offensiva che nei primi quarantacinque minuti si riduce a un sinistro largo di Candreva, comunque il miglior tiro prima dell'intervallo dell'intera partita. Per il resto Rafinha, che compone il triangolo di centrocampo con Gagliardini e Brozovic, va a intermittenza per evidenti questioni fisiche, mentre chi incomprensibilmente fa scena muta è Perisic addirittura inguardabile quando sbaglia un cross facile con due compagni liberi in area. Sarri, invece, si affida ai suoi titolarissimi per ripartire dopo il clamoroso scivolone con la Roma. Ma come contro i giallorossi gli azzurri non sono impeccabili tecnicamente, qualche pallone perso di troppo è la conferma che qualche granello di sabbia si è infilato negli ingranaggi. Handanovic non deve fare parate, questo dice tutto, in un primo tempo in cui a vincere è la tattica, con i due allenatori che praticamente si annullano. Icardi non riceve palle giocabili, Mertens neppure.
Prima della partita qualche tifoso nerazzurro in metropolitana e allo stadio, ma nei giorni precedenti anche qualche vip, si augurava la vittoria del Napoli pur di non fare un piacere alla Juve a rischio di compromettere la corsa Champions di vitale importanza. Tipici interismi che fanno rima con isterismi. Ma prendersi un punto a testa non serve proprio a nessuno.
E' l'Inter la prima a dimostrare di averlo capito, riuscendo dagli spogliatoi con altro piglio: subito palo di Skriniar, poi Koulibaly rischia un clamoroso autogol. E se mai ci fosse bisogno di un altro segnale da mandare, Spalletti toglie il volitivo Rafinha e si gioca anche la carta Eder dopo un'ora. Sarri non cambia nulla nel suo Napoli monocorde, aggrappato sempre e solo a quel modulo; però è Insigne che sfiora il suo primo gol all'Inter a San Siro con un pallonetto di poco alto. Finalmente partita sbloccata con continui capovolgimenti, ma anche troppi errori. Il fantasista azzurro, che a novembre fu tenuto in panchina a guardare l'Italia fallire la qualificazione al mondiale, non trova mai la porta. Icardi, invece, non ha nemmeno l'occasione per uno straccio di un tiro. Sono l'immagine di due squadre Non è tanto la paura di perdere, ma l'incapacità di vincere.
Alla fine sul divano a sorridere sono Gattuso e Allegri: l'allenatore rossonero mette nel mirino l'Inter con un derby ancora da giocare dal sapore Champions; il tecnico bianconero dopo aver tenuto a portata di mano il Napoli, progetta la fuga scudetto della Signora per la prima volta sola al comando.
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