L'ombra lunga di Conte tra le panchine del derby

A Londra vedono già l'ex ct a Milano: da oggetto del desiderio dell'Inter al dopo Montella nel Milan

L'ombra lunga di Conte tra le panchine del derby

I tabloid inglesi, stranamente, sono unanimi. Antonio Conte è in rotta con il Chelsea e a giugno prossimo tornerà in Italia. L'hanno scritto, ripetuto e rilanciato fino a farlo diventare un tormentone in questi giorni di calma piatta per la sosta delle nazionali. È spuntato anche il pettegolezzo tra le spiegazioni plausibili: il dissenso con la famiglia Abramovich che è poi il dominus del club inglese. A questo punto c'è da attendersi l'immancabile teatrino: smentite di maniera, qualche conferma e via così fino almeno a Natale quando il cammino in Premier e in Champions league del Chelsea avrà un profilo più definito. La curiosità, nella fattispecie, è la convinzione maturata tra i cronisti inglesi sul passo successivo di Conte e cioè sulla decisione di fermarsi a Milanello a stretto giro di panchina.

Conte e il Milan è una storia già scritta, persino sfiorata quando il tecnico pugliese, insoddisfatto del mercato di Marotta («Non mi posso sedere al ristorante da 100 euro con 10 euro», la frase che fece imbestialire Andrea Agnelli), chiese di lasciare Torino per poter accettare il corteggiamento di Adriano Galliani che non ne fece mistero in una premiazione dalle parti di Firenze. La Juve, in quella circostanza, tenne il punto («i contratti si rispettano») e negò a Conte la libertà. Appena divenne ufficiale la scelta del Milan (Inzaghi), Conte e la Juve si separarono bruscamente senza una spiegazione convincente. Invece di restare disoccupato, grazie al pressing dello stesso Galliani presso Tavecchio, presidente della federcalcio, orientato a scegliere come ct Guidolin, Antonio approdò sulla panchina del club Italia trascinando un gruppo molto limitato fino ai quarti di finale dell'Europeo francese.

A Milano, di Conte, si è parlato anche sull'altra sponda calcistica, nei mesi scorsi, quando l'arrivo di Sabatini ad Appiano Gentile e la presenza del colosso Suning all'Inter giustificavano una trattativa così impegnativa. Per molte settimane, raccogliendo voci e grida provenienti dal fratello di Conte procuratore, la panchina neroazzurra rimase vuota in attesa di un sì che non è più arrivato. Allora l'Inter andò di corsa a Roma per abbracciare Luciano Spalletti che adesso è in sella, nessuno lo discute, anzi è riconosciuto, a maggioranza assoluta, come il valore aggiunto della promettente partenza interista. Non solo. Non si è nemmeno lamentato del famoso sontuoso mercato promesso e concluso con qualche operazione di secondo piano. Gli avevano parlato di Naiggolan, è arrivato Vecino e lui zitto.

Milano insomma è il destino scontato di Conte.

E il prossimo derby sembra quasi giocarsi con questa sagoma ingombrante dietro la panchina di Montella che si è appena rinfrancato per le garanzie di Ancelotti («torno a giugno»), ma deve fare i conti con un nuovo competitor. Che gli darà tregua fino a giugno quando sarà noto il bilancio dell'attuale stagione, scandita da investimenti di grande rilievo (230 milioni spesi, 65 circa incassati) sul mercato e aspettative ingigantite.

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