nostro inviato a Londra
Scricciolo è bronzo ma non lo è. Scricciolo sale sul podio ma non è vero. Scricciolo è felice un attimo e triste per sempre. Disperatamente triste per l'olimpiade che ha conquistato e invece no. Scricciolo piange la medaglia che c'è e non c'è e non ci sarà più perché questa è la sua ultima olimpiade. Scricciolo guarda il bronzo che lampeggia, s'illumina e poi si spegne come un semaforo rosso che dice no, piccola, eri passata ma devi tornare indietro, ferma e buona lì, allo stop, perché hai lo stesso punteggio della ragazzona dell'est ma il tuo esercizio era più difficile per cui... Per cui giù dal podio del corpo libero.
A Londra, alle olimpiadi, il nonsense è di moda e il mondo va al contrario, il pubblico della North Greenwich Arena fischia qualcosa ma in fondo non capisce e non sa che in pedana, nascosta laggiù, dietro una giungla di gente in festa, c'è Vanessa Ferrari che piange. Scricciolo guarda il podio su cui avrebbe disperatamente voluto salire e invece resta giù, oro alla Raisman a stelle e strisce (15.600), argento alla romena Ponor (15.200) e bronzo alla russa Mustafina che ha preso 14 e 900, cioè «ha preso come me» piange questo scricciolo bresciano di 21 anni per centoquarantacinque centimetri d'altezza. Piange perché la regola olimpica dei giudici è chiara e assurda al tempo stesso. Dice che, in caso di parità, si valuta la qualità d'esecuzione, non la difficoltà. Il che è il mondo all'opposto, perché lo capiscono tutti che un esercizio semplice è più facile da eseguire. Quello di Vanessa era complicato e l'ha eseguito con alcune imperfezioni, quello della Mustafina era ordinario ma con meno sbavature.
Il mondo della ginnastica va al contrario da dopo Atlanta '96 quando vennero assegnate le ultime medaglie ex aequo. In quell'edizione furono due argenti alle parallele e due bronzi nella generale e un altro paio d'argenti fra gli uomini; a Mosca '80, per dire, nel corpo libero vennero dati due ori ex aequo, il primo a una dea come Nadia Comaneci e l'altro a una pupilla di casa come la Kim.
E allora di che cosa siamo qui a parlare? Ai mondiali, il carrozzone federinternazionale dei muscolosi e snodati che saltano e anellano e parallelano e cavalcano, il carrozzone continua ad assegnare trofei ex aequo e ai Giochi no. Suvvia. Qui non è questione d'Italia lamentosa, è materia seria per psichiatri veri, ma di quelli bravi bravi, perché è una regola assurda tanto più a un'Olimpiade. Nessun Paese, nessun atleta, nessun pubblico s'infurierebbe mai di fronte a una medaglia assegnata a due atleti. Ma un bronzo non dato a parità di punteggio può spezzare per sempre le gambe. Tanto più se gambe di scricciolo.
Scricciolo ha le mani sottili e colorate, però questo sport è impietoso con gli sconfitti, con i beffati, perché se ci si mettono le lacrime allora è un disastro e la tenerezza ti prende il cuore. Vedi bambine col rossetto che si disperano, vedi giovani donne con le unghie curate, color rosa barbie quelle di Vanessa, e trucco, mascara che disegnano rivoli neri lungo guance disperate. Vanessa ha le mani piccole che usa come un fazzoletto per asciugarsi le lacrime e tira sul col naso. Ha un filo di voce e un quintale di rabbia dentro. Dice: «Dopo Pechino ho dimostrato di che cosa sono capace, però mi fa troppo male, perché ti sbatti e alleni per arrivare alla medaglia e c'è una che con tre decimi in meno ti frega il posto sul podio». Scricciolo s'asciuga, respira, coach Enrico Casella è come un padre che la protegge. «E non ho sbagliato, ho fatto bene le diagonali» riprende lei, «e partivo come la seconda, la Ponor, che ha preso l'argento, stessa difficoltà, stessa esecuzione, lei 15 e 200 e io 14 e 900. Non ho visto tutta questa differenza? Dopo Pechino, sarebbe stata una medaglia meritata, perché è successo?». Perché sei italiana, perché qui sono tutte fortissime, «tutte campionesse del mondo od olimpiche» la consola il coach. «Sono americane, russe, dell'est, cinesi, e l'Italia nella ginnastica è piccola, ha le spalle strette» sotto inteso agli occhi dei giudici. «Però, nel cuore, mi sento su quel podio, non mi dovevano dare questa medaglia di legno
» si fa forza scricciolo. «Quanto do al mio esercizio? 15 e duecento» risponde sicura, «come la Ponor che ora è argento: neanche doveva entrare in finale, aveva sbagliato però, avendo vinto ad Atene, l'hanno buttata dentro».
Pausa, tristezza e poi un sorriso pieno di amarezza. «Ma ora scusate devo andare...
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