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Lulic, il capitano unisce Inzaghi-Lotito e la sua vita spinge la Lazio oltre i limiti

Profugo dalla Bosnia, inizia a giocare a 20 anni: lascia ancora il segno

Giacomo Puglisi

Più di un calciatore, forse anche più di un uomo. Senad Lulic è una leggenda, un mito. Non rappresenta la verità assoluta, ma è utilissimo a raffigurarla. Un po' come accadeva nell'antica Grecia. Perché la sua storia è particolare, diversa, unica. Dal punto di vista sia umano che sportivo.

Senad infatti è scappato insieme alla famiglia dalla Bosnia quando aveva 12 anni. Fino a quel momento aveva vissuto in mezzo alla guerra, stretto fra croati e serbi che sterminavano il suo popolo. Anche in Svizzera però ha faticato: come rifugiato politico non poteva lasciare la nazione, motivo per il quale nessun club gli dava fiducia. Dal Lugano allo Young Boys, erano tanti i provini superati, ma non si erano tradotti in un contratto. Solo a 20 anni, quando ormai Lulic non sperava più di poter intraprendere la carriera da calciatore (viveva da carrozziere) e giocava con il Coira, con i dilettanti svizzeri, si fece vivo il Bellinzona: provino affrontato solo per accontentare la futura moglie Sandra e finalmente superato anche dal punto di vista burocratico. Lì l'incontro con Petkovic (poi incrociato anche alla Lazio) e i primi gol decisivi: Lulic segnò infatti al 90' la rete del 3-2 nel playoff promozione che riportò il Bellinzona nella massima serie svizzera dopo oltre un decennio. Anche lì Senad è un eroe, una leggenda.

Un po' come col tempo è diventato a Roma. Merito di quel famoso gol, datato 26 maggio 2013, con cui ha deciso l'unico derby della storia del calcio romano che abbia mai assegnato un titolo. Merito anche di Inzaghi, che gli ha stretto la fascia intorno al braccio rendendolo, con i tre trofei alzati in cielo (Supercoppa del 2017, Coppa Italia del 2019 e Supercoppa di domenica scorsa) il secondo capitano più vincente della storia biancoceleste (il primo è Nesta).

Proprio Lulic è uno degli artefici dell'equilibrio, a volte traballante ma mai saltato, del rapporto fra Inzaghi e Lotito. Fra video rubati (in cui Lotito, nell'estate del 2018, redarguiva il tecnico per le troppe richieste) e alcune speranze disattese (Simone si è lamentato internamente per i pochi sforzi fatti sul mercato e il premio di appena novemila euro per la Coppa Italia vinta a maggio), Lulic ha tenuto l'equilibrio, dimostrando a entrambi che si poteva crescere anche con quel che passava il convento.

Tutti felici insomma, con l'improvvisa speranza di poter approfittare delle difficoltà della Juventus e strappare ai bianconeri perfino lo scudetto. D'altronde dopo due vittorie per 3-1 sognare non è solo lecito ma anche legittimo. Guidati da Lulic, capitano e autore del gol che ha assegnato la Supercoppa, calatosi perfettamente nella parte del mito che non vuole rappresentare la verità, ma è perfetto per raffigurarla.

Perché questa Lazio può andare oltre i propri limiti, proprio come fatto dal suo capitano: sia come calciatore che come uomo.

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