Siamo al terzo indizio: di solito, per effetto di una vecchia teoria, dovrebbe costituire una prova. Entrò a Bergamo, in quel Milan addormentato e cialtrone, provò a risvegliare i suoi con qualche tiraccio da distanza, meno di mezz'ora a disposizione. «Almeno calcia bene le punizioni» fu il commento disincantato di un autorevole esponente dello spogliatoio. Con la Juve sottopose Buffon a un piccolo supplizio, parata sul palo, respinta sulla traversa, e diede sostanza alla propria esibizione rincorrendo Pogba, mai reclamando giustizia nemmeno dopo qualche tacchettata selvaggia. Infine a Genova, terzo episodio consecutivo, si fa persino ammirare nel separare De Silvestri da Poli, nello spiegare a Bacca e Buonaventura che era meglio servire lui smarcato in una precedente azione e infine tiene palla facendo respirare i suoi e procurando qualche punizione vitale dalla mira discutibile.
Ecco Mario Balotelli nuova versione raccontato attraverso cenni di cronaca per evitare il solito blob quotidiano partito da Montolivo («deve giocare più vicino a Bacca»), passato attraverso Brocchi («è stato fantastico») e concluso da Galliani («si vede che lotta per conservare il posto»). Da oggi e fino a sabato 21 maggio saranno in tanti a chiedersi: ma ci si può fidare di quest'ultimo Mario? Ha messo davvero la testa a posto, o si tratta del solito fuoco di paglia in vista di una possibile conferma della residenza calcistica in rossonero?
Per rispondere ai legittimi quesiti si possono anche interpellare i social, frequentati dal nostro in modo ossessivo nel passato ma adesso utilizzati con parsimonia. Sono tutti di segno completamente diverso. È possibile coglierlo allegro e sorridente, celebrare l'ennesimo sigillo di Bacca, oppure spiegare dinanzi ai microfoni di Sky i motivi, banali, di questa che appare ai suoi rari sostenitori come una miracolosa rinascita. «Prima non stavo bene e facevo fatica, dicevano che non m'impegnavo invece non era così. Adesso sto bene e i risultati si vedono» la sua diagnosi semplice che tiene conto anche del diverso metodo utilizzato dal nuovo allenatore. Già: Mihajlovic pensava di domarlo con la frusta, provando a inseguirlo a bordo campo per minacciare un duello rusticano negli spogliatoi; questo, Brocchi, maltrattato solo perché è piccolo di statura, ha un passato da calciatore modesto ed è stato lanciato nel mischione da Berlusconi, ha invece scelto di parlargli a lungo, di spiegargli che hanno in comune un destino crudele, pochissimo tempo a disposizione per superare l'esame decisivo, l'ultimo per entrambi. Uno rischia di tornarsene alla galera di Liverpool, l'altro retrocesso alla panchina della primavera.
E Mario, sul punto, è stato categorico. «Io voglio restare al Milan» la sua frase che non sa né di arroganza e nemmeno di presunzione ma solo di uno che ha deciso di tornare in pace con se stesso e con la sua storia di gianburrasca del calcio italiano.
E pazienza se poi, come accadrà certamente, Antonio Conte lo lascerà a casa per gli europei. Balotelli ha spedito un grande abbraccio a Perin e Marchisio ma in fondo in fondo ha dato a tutti appuntamento a sabato 21 maggio. Magari quel giorno il cielo di Roma potrebbe anche diventare azzurro.
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