Ibra è vivo e segna ancora per il Milan. I sapientoni che ne avevano criticato il ritorno dalle nostre parti devono cambiare idea. Zlatan è tornato a fare Ibra dopo sette anni e alcuni mesi: il suo precedente sigillo firmato su rigore, nel derby del maggio 2012. Ieri ha fornito una prova innanzitutto della sua salute. È vero, ha esordito sbavando uno, due, tre palloni ma poi si è rimesso in sintonia con sé stesso e con il Milan e ha cominciato a offrire qualche spunto dell'immenso talento. Di testa, su cross di Leao, il suo pupillo, ha impegnato Olsen in un volo prodigioso scheggiando il palo lontano. Col sinistro, al culmine del cross preciso di Theo, ha fatto centro e più tardi, inginocchiandosi per colpire di testa, ha anche concesso il bis, azzerato per fuorigioco. È rimasto in campo per 96 minuti durante i quali ha anche offerto assistenza ai suoi sodali in fase difensiva dominando l'aerea nel duello in quota. Didascalica la scena seguita al suo primo centro in questo torneo: tutta la squadra, a parte Donnarumma, gli è corsa incontro per abbracciarlo come per dire sei il nostro profeta. E lui ha aperto le braccia possenti per fare il gesto che aveva promesso contro la Samp: lunedì scorso il colpo è rimasto in canna ma alla prima occasione ha fatto centro.
«Mi sento bene e i gol perciò arrivano. Ho bisogno ancora di qualche allenamento per entrare in forma, alla mia età il cervello è sempre lo stesso. Per rinnovare? Dovrei vincere il campionato ma è difficile». Ecco il nuovo Ibra: ha voglia di sorridere mentre i suoi tifosi cantano, nello spicchio di stadio cagliaritano, quanto ci sei mancato Zlatan. Non è ancora il caso di chiedere il trasloco della statua da Malmoe a casa Milan, come ha suggerito ironicamente il sindaco Sala ma l'inizio della sua nuova carriera in rossonero è molto promettente.
Non c'è solo Ibra, naturalmente in questo Milan che chiude il girone di andata con un successo esterno. Ecco un altro spunto: fuori casa, il team viaggia molto meglio se si tiene conto delle precedenti trasferte di Parma e Bologna. Prima della stoccata di Ibra, ad avvio di ripresa, c'è da segnalare il gol di Leao promosso da un lancio ispirato di Castillejo su punizione, traiettoria complicata da una deviazione di Pisacane. È un lampo che coglie la squadra cagliaritana distratta. Subito dopo c'è la tenuta stagna della difesa che sembra cementata dal nuovo sistema di gioco, il 4-4-2 provato in settimana, con una coppia centrale, Kessiè e Bennacer, capace di garantire protezione e rilancio del gioco. Donnarumma se la cava senza rischi.
Certo fa specie che a questo punto, fuori squadra si ritrovino i due acquisti più costosi di gennaio 2019, Paquetà e Piatek, uno reclamato da Parigi, l'altro richiesto da Londra, fonte Mourinho. Dalla Premier è in arrivo piuttosto il sostituto di Reina per la panchina: si tratta di Begovic, 32 anni, attualmente al Bournemouth.
Il Cagliari, fulminato a inizio di ripresa, non è più in grado di recuperare, come gli capitò in precedenza. Ha poca gamba, minore auto-stima, non graffia e le quattro sconfitte consecutive in qualche modo rendono malinconica la festa per i 120 anni del club e la maglia (bella) indossata per l'occasione.
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