MAKWALA SOLO NEI 200 Spanovic, oro perso per la pettorina Il salto misurato nel punto in cui il numero ha toccato. E oggi 7 atlete nella 50 di marcia

Sergio Arcobelli

C'è chi conserva il dorsale di una gara come un cimelio. Ma c'è anche chi quel dorsale, una volta indossato, lo getterebbe in fondo al mare se potesse. «Maledetto sei tu... tra tutti i dorsali di questa terra» avrà pensato Ivana Spanovic. Ne ha ben donde visto quanto le è accaduto nella finale del salto in lungo di due sere fa.

Ebbene è successo che la 27enne serba, già campionessa europea e medagliata olimpica e mondiale, ha chiuso quarta dietro l'americana Reese, la russa Klishina, ma sotto bandiera Ana (atleti non autorizzati) per le note vicende del doping di stato della Russia, e l'altra statunitense Bartoletta. Nulla da obiettare, è la legge dello sport: si vince e si perde. Ma è il modo in cui Ivana ha perso la medaglia, forse l'oro chi lo sa, a lasciare di stucco tutto l'ambiente.

È accaduto che la Spanovic in realtà abbia saltato oltre i 7,02 metri, più di quanto l'americana Reese ha fatto per mettersi al collo l'oro. E sta qui l'inghippo: le immagini tv hanno dimostrato che Ivana, nel tentativo di involarsi verso quello per cui si è allenata, si è preparata nei minimi dettagli, si è fatta il mazzo, ha toccato accidentalmente la sabbia con il dorsale che le si è staccato nella fase di salto. Si parlava di minimi dettagli. Ecco la prova.

Il regolamento, in questi casi, parla chiaro e non lascia spazio a grandi interpretazioni. Cita così: «Tutti i salti debbono essere misurati dal segno più vicino alla linea di stacco, lasciato da qualsiasi parte del corpo dell'atleta o qualsiasi cosa unita al corpo». Chiaro, conciso e leggibile. Ci ha provato in tutti i modi lo staff serbo, presentando il ricorso, a far cambiare idea dei giudici e modificare l'ordine della classifica, ma non c'è stato niente da fare. E, la cosa più triste, è che dal 2018 non ci saranno più dorsali nelle gare Iaaf. Oltre al danno, la beffa. È il classico caso di furto di sabbia.

Un paio di mesi fa, in Diamond League, un caso simile è accaduto a un'atleta nigeriana, la mastodontica Okagbare, che però non perse il dorsale, bensì la parrucca. Come la Spanovic, anche alla bielorussa Mironchyk-Ivanova, che lasciò un segno sulla sabbia per la lunga coda, sfuggì l'oro iridato.

Sono diversi i precedenti, ma il più memorabile resta quello del 5 settembre 1987. A Roma, sede dei campionati del mondo, ormai trent'anni fa, i giudici di gara, in uno dei gesti più antisportivi della storia dello sport, assegnarono a Giovanni Evangelisti una misura più lunga di quella che aveva saltato pur di far vincere al connazionale la medaglia di bronzo. Solo in seguito alle proteste degli americani il salto verrà poi annullato e la medaglia revocata. Nel caso Spanovic non c'entra il fair play, bensì il buon senso. Invece alla serba non resterà che una cosa sola: un fitto dolore nella zona dorsale...

Questo mondiale,

dopo i fischi a Gatlin, il norovirus e il caos Makwala, non smette di sorprendere. E oggi, nell'ultimo giorno, si disputerà la tanto discussa 50 km di marcia femminile con sette atlete al via. Londra, teatro dell'assurdo.

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