Jerez de la Frontera Da decimo a primo. In mezzo 23 giri da urlo, colpi di carena, staccate e pochi millesimi a dividere i gradini di un podio, raccontando di piccolo e, magari sì, futuro grande campione. E l'Italia sentitamente ringrazia. Romano Fenati ha vinto la prima gara europea del motomondiale. La seconda di fila in Moto3 dopo il trionfo in Argentina, la terza in carriera contando quella del 2012, stagione d'esordio, proprio a Jerez, sempre Moto3, anno che lo rivelò al mondo prima che il 2013 lo fagocitasse nell'anonimato. L'Italia che impenna e si diverte sentitamente lo ringrazia perché da troppo tempo questo nostro sport s'interroga, meglio dire arrovella, al pensiero del ricambio generazionale che c'era sempre stato e non c'è più. Quest'Italia che fu dei Virginio Ferrari e Uncini e Lucchinelli venuti dopo gli Agostini; quest'Italia poi dei Cadalora e Gresini e Reggiani e Chili seguiti ai Lucchinelli; quest'Italia dei Capirossi e Biaggi e Rossi e Melandri e Simoncelli e Dovizioso e poi all'improvviso basta più.
Invece eccolo Romano Fenati. A ribadire, ieri, che il secondo posto made in Usa non era stato un caso, tanto meno il trionfo in Argentina, meraviglioso tango triste solo nella melodia non certo nel risultato. Romano che ha solo 18 anni, che corre per il team scova promesse messo in piedi da Valentino Rossi e sponsorizzato da Sky Italia. Romano che neanche farlo apposta, con gara cattiva e magistrale ha vinto nella terra degli ingordi spagnoli, sul loro circuito simbolo, mettendone due in fila che di questi tempi di vacche magre sono soddisfazioni. Dirà felice: «Gli altri volevano fare i furbi non tirando per non finire le gomme ma io ho spinto fin dall'inizio anche perché dalla decima posizione non era facile tornare su, ma già dalle prime curve ero lì davanti».
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