Di solito è un modo elegante per premiare chi è arrivato secondo. Si usa dire: «Ci sono due vincitori». Ma non è il caso della MotoGp a Silverstone: i due vincitori, a loro modo, sono veri, perché ottengono il massimo possibile. Marc Marquez, primo, e Andrea Dovizioso, quinto. Il campione del mondo in carica riscatta il flop di Brno. Il Dovi porta in alto la Ducati, lotta per il podio fino all'ultima curva, ma soprattutto tiene sotto i dieci secondi il distacco dal primo: obiettivo centrato.
Marquez passa con disinvoltura, tipica del fenomeno, dal casco alla bombetta inglese. Due corone: una in pista, una fuori. Tra le buche di Silverstone le suona a Lorenzo: duro nel corpo a corpo. Uno show voluto a tutti i costi, con rabbia per l'undicesima vittoria. «Non mi aspettavo un Lorenzo così forte dall'inizio, con il sole la Yamaha si è avvicinata tanto. Abbiamo fatto fatica, mi ha spinto al limite, ho preso dei rischi», lo confermano un paio di sbavature, una dopo aver passato la prima volta Lorenzo. Di cui riconosce il valore: «Potevo spingere fin dall'inizio, ma la gara era lunga - sottolinea lo spagnolo -. Mi aspettavo una gara totalmente diversa. E comunque al Mugello era stata più dura». La sorpresa va bene fino a un certo punto. Poi ha rimesso le cose a posto, anche se Lorenzo non ci sta: «La gara si è conclusa quando ci siamo toccati... la guida di Marc è più aggressiva di altri piloti. Ma questo lo deve giudicare la direzione gara». Un messaggio, e allora Marquez gli rinfresca la memoria: «Ci siamo toccati leggermente. L'anno scorso mi ha passato all'ultimo giro e un piccolo contatto c'era stato. I finali sono così. È la rivincita».
Lorenzo riconosce però il merito della Honda: «Ho fatto uno sforzo sovrumano all'inizio per provare a scappare via». Però applaude la squadra: «Ha fatto un capolavoro per digerire questo pneumatico duro che ci dà problemi». Già mancava la lamentela «gommata». La conferma di una Yamaha ritrovata è il terzo posto di Valentino Rossi, primo podio in carriera a Silverstone nel giorno in cui stabilisce il record di partenze nella classe regina (246): «Sono orgoglioso di essere ancora qui. Questa pista mi ha fatto sempre arrabbiare, terzo non è male. Ho perso tempo all'inizio, ho spinto per provare a riprendere la coppia di testa, poi la gomma si è un po' bruciata e ho cominciato a scivolare». Dopo la pausa estiva, tre gare e tre podi (otto stagionali): tra il secondo posto nel mondiale e una vittoria? «Scelgo sempre la vittoria». E allora «dobbiamo lavorare perché mi piacerebbe restare con Lorenzo e Marquez fino alla fine. Insomma contento di non essere contento». Già perché per lui come per Pedrosa, quarto, arrivare a nove secondi dai rispettivi compagni equivale a una sconfitta.
Invece per Dovizioso, equivale a una vittoria, perché per la prima volta lo svantaggio della Ducati non va in doppia cifra, anche se il risultato altre volte era stato meglio: ad Austin aveva chiuso sì terzo, ma a venti secondi; ad Assen secondo a sei secondi, ma con la pioggia protagonista. Ora in condizioni normali la conferma che la Rossa c'è.
«La gara più bella - sentenzia il Dovi -. Io ho interpretato la pista meglio di Rossi e Pedrosa, ma con la moto dell'anno scorso non sarebbe stato possibile». La crescita della Ducati è tutta nella chiosa finale: «Il quinto posto mi sta stretto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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