Non c'è tregua. E forse è meglio così, almeno dal punto di vista sportivo. Perché stasera, a Salerno contro l'ultima in classifica, la Juventus non potrà fallire: stessa situazione di (tante) altre volte. Però tornare dalla Campania senza i tre punti in palio, con tutto il rispetto per la squadra di Colantuono, equivarrebbe a un vero e prolungato disastro le cui conseguenze potrebbero essere clamorose. Del resto il periodo è quello che è: per dirla con l'aggettivo usato da Szczesny dopo il ko contro il Chelsea, «tragico». Così, mentre ieri l'amministratore delegato della società Maurizio Arrivabene è stato ascoltato in Procura per rispondere sull'indagine relativa alle plusvalenze e preso atto di un altro tonfo a Piazza Affari, Allegri cercava di tenere alto il morale della truppa. Difendendo innanzi tutto Morata («su di lui ci sono pregiudizi ingiustificati e un certo accanimento») e poi cercando di tranquillizzare un popolo che vede il futuro sempre più nero: «Bisogna compattarsi, come si fa in mare quando c'è tempesta. Non la si può combattere, ma bisogna uscirne. E il marinaio di solito trova il modo di farlo». E ancora: «Il presidente sabato ha parlato alla squadra, stamattina ai dipendenti. Ha tranquillizzato e rasserenato».
Fuor di metafora, tocca anche e soprattutto a lui identificare una via di uscita che possa permettere alla squadra di lottare per un posto in Champions, al momento distante sette punti: «Io non ho mai inventato niente. Ci vogliono ordine, concretezza e serenità anche nei momenti in cui le cose vanno meno bene. Fortunatamente abbiamo ancora tanti obiettivi da raggiungere, ma anche una rincorsa verso l'alto che, guardandola da un punto di vista positivo, può essere anche divertente».
Per renderla tale, bisogna però cominciare a segnare e a vincere. Anche perché è lo stesso Allegri a rendere esplicito quello che tutti sanno, ovvero che «alla Juve l'anno di transizione non esiste». Con il morale sotto i tacchi, cinque sconfitte sul groppone (di cui tre in casa: non accadeva dal 1956), 21 punti in classifica (bilancio mai così magro negli ultimi 23 anni) e il 13º attacco della serie A, non è comunque il momento di usare il bastone: «È normale che ci manchi spensieratezza. Dobbiamo fare il nostro, con calma e pazienza: altrimenti, più ci agitiamo e più facciamo casino».
Aspettando di capire se ci si stia davvero avvicinando alla fine dell'impero la qual cosa potrebbe portare a nuovi sviluppi all'interno della società, dove lo stesso Arrivabene non ammetterà più una
finanza per così dire creativa c'è comunque un calendario abbordabile di qui a Natale: dopo la Salernitana (e il Malmoe in Champions), toccherà a Genoa, Venezia, Bologna e Cagliari. La vera Juve farebbe filotto: questa, chissà.
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