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La medaglia della Fede è un'accusa all'Italnuoto

La medaglia della Fede è un'accusa all'Italnuoto

C'è modo e modo per non confondersi: dire l'Italia della Pellegrini o l'Italia dei pellegrini? Di tutto un po'. Senza l'hakuna matata di Federica la patria nostra natatoria ha rischiato di tornare a casa a zeru medaglie. E invece lei ieri mattina vantava il suo orgoglio. «Nessuna donna ha conquistato 5 medaglie in 5 mondiali nella stessa gara». Dici Pellegrini e basta la parola per capire tutto. C'è un'Italia gestita da tecnici sui quali servirebbe un bel refresh (almeno di idee e di gestione atletica) e l'Italia(na) guidata da un allenatore francese dai modi spicci che porta risultati. E se ci provasse con la staffetta femminile? Risposta furba dell'interessata: «Non so, c'è un ct: decida lui».
Naturalmente non succederà, ma il caso Pellegrini ha reso clamoroso il problema. I nostri tecnici sono davvero capaci di migliorare gli atleti, di portarli al salto di qualità? In questi mondiali c'è stato regresso, flop annunciati ed altri clamorosi. Bastava veder le gare di ieri: le nostre miserie, i buchi nell'acqua di Dotto e della staffetta femminile. Senza dimenticare il pregresso dei giorni scorsi. Solo la folle idea di Lucas e della Pellegrini tramutata in medaglia ha restituito larghi sorrisi. Pellegrini vuol dire salvezza. D'accordo, ma fino a quando?
Oggi Federica scenderà in acqua per provare la sua curiosità nei 200 dorso, ma ieri parlava come avesse già messo in valigia speranze e curiosità. Leggere per intuire: «Col senno di poi sono felice di essere stata convinta a nuotare i 200 stile libero, la gara che porto nel cuore, e di aver vinto la medaglia. Anzich酻. Anziché? La replica scoraggia: «Cosa pensate? Arrivano anche i miei genitori. Non parto da sconfitta, spero di fare una buona gara». Forse la stanchezza, forse il mancato relax dopo la gara dei 200 stile, c'è qualcosa che ora pesa. E che non è rabbia. Zittisce chi ci prova: «No, sono serena, la rabbia non so nemmeno cosa sia in questo momento». Orgogliosa e convinta. Ma, alla fine, tutto il peso di Italia nostra è ricaduto sulle sue spalle che stavolta non volevano zaini, ma solo ali di leggerezza. Ieri si è spremuta nei due turni di staffetta (con Mizzau, De Memme e Carli) per cavarne un misero settimo posto: le americane vincitrici hanno impiegato 12 secondi in meno. Un altro mondo. Fede ha rimontato una posizione, non poteva di più. Poi ha fatto intendere che serve materiale umano. «Ci vorrebbe qualcuna in più per alternarsi nei turni di staffetta, noi continuiamo a crederci…». Credere, obbedire, combattere, ma erano altri tempi.

Meglio che la federazione si svegli.
RiSi

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