Mela marcia

nostro inviato a Londra
Ora tutti scoprono che era solo e aveva bisogno di aiuto. Forse era meglio lo scoprissero prima. Il caso Schwazer ha tanti colpevoli e per ora un nome solo. Era seguito e controllato da tempo, ci sono pure le foto. Leggi Alex e ti lavi la coscienza. Ma questa è la debacle di una federazione ed anche di un modo di gestire lo sport italiano: i dirigenti che non sanno mettere il freno agli atleti di vertice, non riescono a indirizzarne le voglie e le intemperanze, sono prigionieri dei manager, fanno prigionieri i tecnici con troppa personalità, non sanno imporre allenatori, forse non sanno nemmeno sceglierli, mancano ct con fantasia, capacità e carisma. Come ha detto un atleta: «Andiamo alla radice dei problemi, non strappiamo solo le foglie». E allora paghino gli atleti ma pure i dirigenti.
Parliamo di atletica, ma pure di nuoto, magari di canottaggio e lasciamo perdere il ciclismo. Oggi diciamo Schwazer, ma ieri dicevamo della Pellegrini, dei gossip durante il mondiale e delle sparlate dei ragazzi del nuoto. L'atletica aveva tre punte da salvaguardare, se l'è perse tutte. Andrew Howe rimasto a casa perché in quattro anni nessuno ha imposto una gestione meno sciagurata, mettendo da parte i familiari. Antonietta Di Martino perduta per strani equivoci sui suoi malanni, conclusi con accuse e controaccuse da censura. Schwazer buttato dalla finestra, perché tutti lo lasciavano nel suo isolamento senza intuirne la fragilità mentale. Ingenuo Franco Arese, il presidente dell'atletica: «Ultimamente era strano, non accettava visite dai tecnici, si era isolato». Bravi! E voi dovevate imporgli la presenza dei tecnici.
Abdon Pamich, medaglia d'oro della 50 km a Tokyo, ha fatto una fotografia perfetta: «Ha sbagliato ma non andava lasciato solo. Non ha retto alla responsabilità e alla paura d una sconfitta». E papà Schwazer, che ha capito tutto questo in ritardo, ieri si è prostrato in un struggente ma tardivo mea culpa. «Le responsabilità sono mie, perché se si vede un figlio che sta male bisogna capirlo e cercare di parlargli. Psicologicamente non reggeva più. Era schiacciato da un peso insopportabile. Ora so che devo stargli più vicino».
C'è una lunga fila di traditi e tradimenti, un giorno scopriremo anche i traditori della sua fragilità. Il Cio è stato glaciale e severo: «Chi imbroglia non vince». La Wada era sulle tracce di Alex da qualche tempo. Le procure erano in azione: avevano le foto del ragazzo che saliva in auto. Destinazione probabile Innsbruck dove è più facile acquisire materiale tramite personaggi che hanno mani in pasta e incontrare persone. Alex è stato testato tre volte dalla Wada, il 6 luglio a Saint Moritz, le altre due volte, 18 e 30 luglio, a Oberstdorf. A Oberstdorf vive la fidanzata. Nel frigor di casa, di ritorno da Innsbruck, Alex ha infilato il «materiale» facendolo passare per vitamine. Oggi suonano diverse le parole di Giorgio Rubino, il marciatore della 20 km, che aveva accusato Alex qualche giorno fa. Parlava di tradimento dell'amicizia, del suo isolamento. Ogni supposizione è lecita.
Alex s'è preso tutte le colpe, ma altri dovranno dimostrare di esserne esenti. Difficile pensare che nessuno sapesse. Mai visto un tecnico che sta tranquillamente lontano dall'atleta prima dell'Olimpiade. Oggi raccontano che Alex aveva litigato per andare appunto a Oberstdorf: lo avevano lasciato fare. In giugno si era allenato a Saint Moritz, località legata ai giri dei medici chiacchierati. Ora tanti dicono: idea sospetta. E perché non gli è stato impedito? Si dice che, nel giro dei marciatori milanesi, corresse voce che Alex aveva perfino espresso l'idea di rinunciare ai Giochi. E nessuno era preoccupato da tanta fragilità?
Schwazer ha detto di aver comprato i prodotti su Internet. Si, magari con carta di credito. La procura di Padova potrebbe iscriverlo nel registro degli indagati. Michele Ferrari, il medico da tanti considerato un guru della medicina «alternativa», è da tempo nel registro delle persone «attenzionate». Anche se stride l'immagine del guru con quella di un atleta mandato così facilmente allo sbaraglio. Sarebbe un lavoro da dilettanti. Ora il ragazzo andrà incontro a una montagna di guai. Ieri ha pianto in tv confermando che non tornerà all'atletica. «Un dopato non deve tornare. Mi sono allenato duro per dieci mesi e in due settimane ho distrutto la mia vita: avrò preso medicine sbagliate, d'accordo. Sapevo che facevano male. Dopo Pechino avrei voluto una vita normale. Ora cerco di uscire dai riflettori». Il suo dolce sponsor chiuderà in contratto (ma era già previsto) e magari gli chiederà i danni d'immagine. Per ora si è limitato a un comunicato nel quale spiega che Alex «è un ragazzo semplice, non ha retto alla pressione delle aspettative di tutti dopo l'oro di Pechino. Ma è prevista nei contratti una clausola di rescissione per comportamenti non etici». Non è proprio il momento degli ovetti d'oro. Leggi Howe, Vezzali e Schwazer.
Ieri la Procura antidoping ha sospeso l'atleta, domani a Londra la commissione disciplinare del Cio prenderà visione. Poi toccherà al tribunale italiano del Coni comminare la squalifica (da 2 a 4 anni, 4 e mezzo se sarà confermata la frequentazione del medico Ferrari). E la federazione internazionale potrà intervenire se valuterà non congrua la punizione. Schwazer sarà cacciato dai Carabinieri, anche se aveva già fatto sapere all'Arma che intendeva congedarsi.

Ma intanto rischia di essere sottoposto al codice penale militare: la procura ha aperto un fascicolo conoscitivo. Chiede giustizia anche il Codacons, ma qui esageriamo. Oggi parlano tutti, poi ci sarà il silenzio. E magari la verità si farà scoprire.

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