Il primo pareggio della stagione (per il Milan), dopo due sconfitte di fila, è il classico brodino servito in corsia d'ospedale. Il Toro continua a non battere il suo diavolo da 14 anni. Se bastasse modificare il disegno tattico di una squadra per cancellarne i difetti e valorizzarne i (pochi) pregi, beh allora il calcio diventerebbe materia elementare da maneggiare senza cura.
E poi il 4-3-3 annunciato dal Milan non è altro che un 4-4-2 mascherato perché la pedina decisiva sullo scacchiere per aiutare centrocampo e attacco è il solito Bonaventura, il migliore tra i suoi, a dispetto per esempio di un'ammonizione che segnala in modo clamoroso la cattiva gestione dei cartellini dell'arbitro Gervasoni (fategli ripassare l'abc del mestiere). Poi c'è da valutare anche la scelta di Mihajlovic riferita a un paio di pedine: Alex, leader della difesa, fa arretrare la linea dei suoi di almeno 10-15 metri, e Luiz Adriano al quale chiedono, contro natura, che faccia il Bobo Vieri della situazione, che tenga palla insomma e faccia salire i suoi, ma non è il suo mestiere, inutile crocifiggerlo. Il cambiamento autentico è l'ordine tattico del Milan messo meglio del Toro e capace fin dall'inizio di comandare il gioco secondo il dettame antico del club e del suo presidente. Certo appena, nella ripresa, Bacca prende il posto del sodale brasiliano, gli si apre un varco in area di rigore (dopo eccellente intesa Bonaventura-Bertolacci) e da lì il colombiano può firmare il sigillo che spacca la sfida. Peccato che un minuto più tardi lo stesso Bacca perda l'occasione migliore per firmare una fulminante doppietta, a conferma dell'affanno e del disorientamento dei granata. Anzi la scelta, non sappiano se cinica oppure no, di lasciare al Milan il compito di tessere la tela del gioco nella speranza di poter cogliere il rivale in contropiede, sembra aver addormentato il gruppo di Ventura che ha bisogno invece di sentirsi sul ciglio del burrone per offrire il meglio. Basta un dato, simbolico, per spiegare quel momentaneo black-out granata: zero tiri in porta nel primo tempo per l'attacco torinista che si sveglia soltanto dopo aver subito il gol rossonero.
E infatti, al culmine della prima mossa di Ventura (fuori Zappacosta, dentro Belotti), ecco servito il pareggio con l'altro ex atalantino ma che chiama in causa, ancora una volta, Diego Lopez che prende gol sul suo palo. E qui bisogna dirlo: il portiere spagnolo, che un anno fa, fu tra i pochi protagonisti positivi della stagione orribile di Inzaghi, ora è tra i più scadenti. Non regge il fortino rossonero nemmeno dieci minuti e subisce ancora una volta gol, abitudine che sta diventando una sorta di tortura.
E la conseguenza è quella solita per il gruppo di Mihajlovic, «emotivamente fragile»: appena il Milan va in difficoltà, si raggomitola, arretra, perde sicurezza e terreno. L'uomo nuovo, Alessio Cerci, ha pochissime palle da giocare e nemmeno il suo talento può elevare la cifra tecnica del gruppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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