Il Milan in agonia è nelle mani di Miha. Almeno fino a Roma

Silenzio assordante del club: tocca al tecnico risolvere la situazione. E se fallisce si parla anche di Prandelli

Il Milan in agonia è nelle mani di Miha. Almeno fino a Roma

L'agonia continua al Milan. Dopo l'ennesima caduta a San Siro e la contabilità fallimentare delle ultime sfide (5 miseri punti raccolti in 4 partite contro squadre di bassa classifica), la società è rimasta in rigoroso e rumoroso silenzio, segno inequivocabile non tanto di indecisione sul da farsi ma di una strategia conservativa per non compromettere i prossimi appuntamenti. Con il viaggio a Roma atteso per domani sera all'Olimpico, non ci sarebbero stati i tempi tecnici per un proficuo cambio di guida tecnica. Oggi c'è già un'altra partita da affrontare con lucidità, tenendo conto della spesa di energie fisiche e nervose che hanno stremato il gruppo assalito da incertezze e paure, i suoi limiti più evidenti.

Da Arcore Berlusconi ha evitato commenti ufficiali, da settimane ha capito come sarebbe finita, Galliani è rimasto nel suo ufficio per tutto il giorno dedicando a Mihajlovic un lungo colloquio telefonico. Scoperto l'intento: lasciar gestire l'emergenza allo staff tecnico di Sinisa che ha tutti i dati sulla recente preparazione nonostante, proprio sul conto del serbo, non siano mancate censure per la lettura sbagliata data alla partita (Luiz Adriano entrato tardi, spedito a sfidare i fischi Cerci nel tentativo di far ammonire per la seconda volta Masina, calcolo questo poco adatto alla filosofia berlusconiana).

Scontato il ritorno di Romagnoli, indispensabile far riposare Alex già in crisi fisica negli ultimi 10 minuti col Bologna, probabile l'utilizzo di Boateng, di rigore un ricambio a centrocampo per dare linfa al settore più critico: queste le ridotte mosse a disposizione. Palliativi per un gruppo che avrebbe bisogno di guerrieri per uscire da questa ennesima crisi. E invece anche qui i segnali provenienti dall'interno di Milanello non sono dei più incoraggianti. Primo segnale: Montolivo non è stato seguito da tutti i sodali nella scena finale sotto la curva per chiedere scusa ai tifosi; secondo segnale: ieri pomeriggio Cerci ha chiuso i suoi tre profili social travolto dal numero d'insulti ricevuti; terzo segnale: le parole di Bonaventura a fine partita hanno dato più l'idea di una resa dei migliori che di una possibile rabbiosa reazione («Se abbiamo questa classifica vuol dire che ce la meritiamo»).

Ecco perché Mihajlovic è rimasto al suo posto e adesso può giocarsi qualche chance di restare in sella ma a due condizioni: superare indenne lo snodo romanista di sabato notte e guadagnarsi la strada per la finale di coppa Italia (mercoledì 13 contro il Carpi). Un'altra montagna da scalare, circondato come si ritrova da un ambiente ostile e sfiduciato.

Impossibile che riesca a recuperare il credito necessario per chiudere dignitosamente la stagione, privilegio assicurato l'anno scorso a Pippo Inzaghi come forma di affetto e di rispetto del bomber che fu, più che dell'apprendista allenatore. Tra le soluzioni pronte per l'immediato, c'è anche quella di Cesare Prandelli, un allenatore esperto, abituato a lavorare con i giovani e che sulla cantera milanista ha espresso in passato giudizi positivi.

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