A desso Eusebio Di Francesco, qui inteso come rampante allenatore del Sassuolo, è vicinissimo. Non per il futuro ma per il presente. E cioè in classifica, a un solo punto di distanza dal Milan, crollato miseramente ieri pomeriggio a Bergamo. Alle viste anche il possibile clamoroso sorpasso visto che nel prossimo fine settimana i rossoneri devono incrociare l'armata di Allegri a San Siro e il Sassuolo può domare in casa il Genoa. Sorpasso che vuol dire scivolare dal sesto posto, ultimo vagone utile per l'accesso alla seconda coppa europea che pure può provocare qualche disagio all'organizzazione della futura stagione (bisognerebbe rinunciare alla tournèe del valore di 3.5 milioni di euro tanto per cominciare e riaprire i cancelli di Milanello il primo luglio per preparare i due turni preliminari previsti dal regolamento). Perciò il primo provvedimento adottato da Mihajlovic qualche minuto dopo il fischio finale di Rocchi è stato il solito, scontato: da ieri sera tutti in ritiro a Milanello, come una stagione fa, al ritorno dalla figuraccia di Udine, con la differenza che forse questa volta non potranno esserci defezioni (tollerate da Inzaghi). «Vediamo se abbiamo gli attributi, non so se servirà ma è l'ultima cosa che ci rimane da fare, ho deciso io e la società è stata d'accordo», la spiegazione di Sinisa. L'altro provvedimento è di Berlusconi con la convocazione di Galliani ad Arcore nella serata di ieri. Come si capisce nel povero Milan di questi ultimi tempi magrissimi non è cambiato granchè a distanza di un anno, qualche donazione di sangue nobile nella rosa e un nuovo allenatore in panchina: il mediocre decimo posto apparecchiato da Inzaghi non è così lontano dall'attuale posizione e in particolare la prova offerta ieri a Bergamo è vicinissima a quelle inquietanti di un Milan fa. Le assenze di Honda a centrocampo (sostituito da De Sciglio che è una pecetta in mancanza di specialisti del ruolo) e di Alex in difesa non possono certo costituire una spiegazione pertinente. Specie se si tiene conto della partenza rossonera, facilitata dal mani galeotto di Stendardo (rigore trasformato da Luiz Adriano dopo 5 minuti) e della possibilità di giocare secondo vocazione, cioè in contropiede. Quello che colpisce, al netto del risultato, è la prova complessiva del Milan oltre che alcune scadentissime perfomances (Bertolacci in cima alla lista negativa). Un dato su tutti può illuminare sulla povertà del gioco (e poi dicono che il presidente Berlusconi pretende troppo): nel primo tempo, rigore a parte, neanche un tiro in porta. Solo l'arrivo, nella ripresa, a risultato capovolto, di Balotelli e Menez ha provveduto a migliorare di poco la contabilità. E anzi proprio l'esibizione del discusso Mario (mezz'ora in tutto: un paio di punizioni come si deve e qualche spunto felice) è una delle rare lucine intraviste nel buio di una squadra rimasta senza gambe, senza idee e anche senza il contributo di qualche esponente con le gomme sgonfie (Bonaventura). Montolivo, tornato in cabina di regia, non ha ancora il passo e lo smalto per colmare tutte le lacune geometriche. È vero: De Sciglio ha avuto, dopo 10', il pallone del possibile 2 a 0. Perciò la fresca e brillante Atalanta, guidata da un tecnico che qui a Bergamo volevano esonerare alcune settimane prima, è stata in grado di ribaltare quel golletto e di meritare persino un successo più largo nel risultato.
Guidata dalle giocate di Diamanti ed esaltata da una prodezza balistica di Pinilla (rovesciata in piena area dopo calcio d'angolo), è stata superiore al rivale nel gioco e nella corsa, proprio come all'andata. Allora fu Donnarumma a salvare lo 0 a 0. Il ritiro non è la medicina di una squadra che anche nella corsa sembra arrivata precocemente al capolinea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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