Il Milan non fa sconti: prima le regole

Ancora insulti razzisti. Il club: "Basta tolleranza". Ma poi accusa anche Constant: non doveva andarsene

Il Milan non fa sconti: prima le regole

Constant esce dal campo a Reggio Emilia per i cori razzisti che fanno saltare i nervi e il buon gusto civile e il Milan scrive (scripta manent, quindi va preso sul serio) «che il razzismo non ha alibi e non avrà più tolleranza». «Si tratta non tanto di difendere un calciatore o uno sport, ma il mondo civile, cui essi (quelli che insultano ndr.) non sono mai appartenuti».

Dopo Boateng, ecco Constant. Ci sarebbe anche Balotelli ma comunque sempre Milan che urla, sbraita, esce dal campo (stavolta uno solo) e promette pugno di ferro a nome di tutti. Poi, di solito, non succede niente: il calcio (generico e generale) dimentica in fretta. Ma stavolta il caso Constant pone un altro problema: se così fan tutti... Ecco, appunto, il giocatore rossonero è uscito dal campo dopo aver scalciato una palla verso la tribuna, aver girato le spalle e non aver ascoltato nessuno: l'arbitro che lo richiamava chiedendo spiegazioni, compagni, avversari. Secondo le regole è un abbandono di campo non regolamentare.

Il Milan (e l'arbitro) l'hanno medicato inventandosi una sostituzione immediata, ma ieri Galliani ha dovuto ricordare a tutti che il razzismo c'è, ma il professionismo e il rispetto delle regole pure. Non si può accettare che ciascuno decida per sé e l'arbitro se ne stia a guardare. Qualcuno penserà: gli arbitri vedono già abbastanza male sui fatti di gioco, figuriamoci sul resto. Però il caso Boateng ha rischiato di scatenare uno spirito di emulazione giustificato e giustificabile, ma finché è possibile meglio rivolgersi all'autorità costituita. E il vice presidente milanista ieri lo ha rispiegato, facendo intendere una certa scocciatura per quanto accaduto. Stavolta il Milan non fa sconti a nessuno. Tutta la comprensione per Constant. Però... «Le regole del calcio dicono che ci si deve rivolgere all'arbitro. Il direttore di gara lo dice al quarto uomo, che avvisa a sua volta il responsabile della Polizia. Quest'ultimo è l'unico che può sospendere la partita. Ho ribadito a Constant la solidarietà, ma gli ho detto e ripetuto che non si può uscire dal campo». Ha ripetuto il discorsino alla squadra. Poi la società ha ribadito in un comunicato che prima spiega i doveri («Constant ha reagito abbandonando il campo di gioco. Pur comprendendo le ragioni che lo hanno fatto civilmente trascendere, non era questa la decisione che gli competeva»), poi si scatena contro il razzismo.

Atto dovuto e necessario, perché se così fa...cessero tutti, il Milan rischierebbe di non giocare più campionato, Champions e subire una serie di provvedimenti disciplinari che lo metterebbero ko. Il Milan e chiunque avalli una protesta legittima, ma che va fuori da regole indispensabili. Intanto la procura federale ha aperto un fascicolo volto ad accertare la portata dell'episodio. Si attende il solito tsunami di scandalizzati. Ieri ha cominciato il sindaco di Sassuolo: «La nostra città condanna il razzismo». Il resto si vedrà. Molto più realistico il commento di Inzaghi, che conosce il suo mondo: «Bisogna ignorarli. Se è una cosa di tutto lo stadio, giusto fermarsi. Altrimenti tappiamoci le orecchie e avanti». Sembra qualunquismo. Ma è vero che i razzisti da stadio sono credibili, il calcio e le sue prese di posizione molto meno.

In tutto questo ci siamo dimenticati di quanto visto a Reggio Emilia: il Sassuolo che mette nell'angolo Juve e Milan, i campioni d'Italia che hanno attaccanti in eccesso ma non hanno cavato nemmeno un gol e il Milan che ha trovato la miglior risposta dal ritorno di De Jong: il più

snobbato tra acquisti vecchi e nuovi. Tevez e Llorente deludenti, difese (milanista e juventina) ballerine. Forse un po' poco per parlare davvero di calcio. E la Champions non può attendere, soprattutto quella del Milan.

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