"Milan più forte dell’ingiustizia". È guerra alla Juve

Dopo le liti di San Siro fine dell’alleanza politica con Torino. Il presidente: "Sfida falsata ma lo scudetto è ancora possibile"

"Milan più forte dell’ingiustizia". È guerra alla Juve

Il «miglior nemico» del Milan, definizione ai tempi della triade, è diventato semplicemente il nemico pubblico numero uno. Fine delle intese politiche in materia di diritti tv, fine dei rapporti diplomatici e anche delle telefonate settimanali con Andrea Agnelli: quel macroscopico gol tolto a Muntari e sottratto di fatto allo sprint scudetto del Milan è costato tutto questo e molto altro ancora. «Sono tornati» è il titolo-civetta scelto da milan-channel e condiviso in via Turati per rendere in modo plastico il ricongiungimento della storia della Juve da calciopoli con quella attuale protagonista del duello tricolore. Alla nota triade, costituita da Giraudo, Moggi e Bettega, il nuovo tris con tanto di acronimo, il Cam, Conte-Albanese-Marotta dove il secondo sta per il responsabile della comunicazione di Torino bianconera, nipote di Giraudo, un tempo al lavoro nell’agenzia che curò il centenario del club di via Turati. Al nemico Juventus, il Milan attribuisce un deliberato piano mediatico per preparare la sfida di sabato notte: dichiarazioni, conferenze, interventi da Marotta ad Agnelli trasformati in pressioni per l’ambiente e in particolare per la terna arbitrale. Segnalata, inoltre la presenza del trio Agnelli-Marotta-Nedved nelle viscere di San Siro dinanzi alla postazione Sky per ascoltare in diretta e controllare il commento di un giornalista, Alessandro Alciato. Non solo: ma sempre dal Milan è considerato al pari di una provocazione paragonare il gol tolto a Muntari col fuorigioco «di millimetri» fischiato a Matri. «Ci hanno tolto il gol scudetto» la convinzione di Robinho. «È come mettere sullo stesso piano un episodio che segnerà la storia del campionato e uno dei tanti fuorigioco» la spiegazione rossonera condita dalla strategia per l’immediato futuro. «A ogni loro lamento risponderemo per le rime, senza più sconti» è la parola d’ordine passata a tutti i collaboratori. Un esempio per tutti? In occasione della discussione sul ricorso per Ibrahimovic, l’avvocato Cantamessa ascoltò una frase dal sen fuggita («se gliela togliamo, chi li sente quelli?»). È rimasta sepolta quella frase, con l’attuale clima sarebbe diventata motivo di una feroce polemica.
Un merito, al nemico pubblico numero uno, il Milan può e deve riconoscerlo, senza i veleni, le liti e le ripicche di sabato notte, cominciate all’intervallo e finite a tarda notte con l’intervento del presidente Silvio Berlusconi. È toccato proprio a lui, già intervenuto per bollare il mancato sconto alla squalifica di Ibrahimovic come «vergognoso», riattaccare la spina di Milanello e cogliere dalla sfida «falsata» e dalle traveggole di Tagliavento e Romagnoli, le conclusioni per incoraggiare tutto il gruppo. Nessuna concessione alla Juve, in altre cento occasioni pubblicamente elogiata. «Mi sono astenuto dal fare complimenti questa volta» il dettaglio reso ai cronisti. Semmai i complimenti meritati sono arrivati ad Allegri, ospite a cena, allo stesso tavolo dell’ex presidente del Consiglio. «Il Milan può ancora vincere lo scudetto perché ha la missione di risultare più forte dell’invidia, della sfortuna e dell’ingiustizia» la sicurezza del presidente. Motivata «dall’ottima partita giocata nonostante tutti gli assenti, sul 2 a 0 il seguito della gara sarebbe stato molto diverso». Nessuna accusa, nessun complotto denunciato: anche nelle parole del presidente Berlusconi, è completamente diverso il profilo pubblico scelto. «Non sono arrabbiato, sono invece dispiaciuto. Nel calcio il 50% è tecnica e qualità, l’altro 50% è arbitri e fortuna. Penso si tratti di un errore assolutamente possibile, non voglio assolutamente pensare a determinazioni contrarie al Milan» il pensiero di Silvio Berlusconi. Di qui il ricorso alla tecnologia che è un vecchio cavallo di battaglia, cavalcato fin dai tempi della coppa Campioni ’89 o in occasione del famoso scudetto deciso dalla monetina di Bergamo.

Difeso alla fine anche Pato, «è un grandissimo, è al rientro e deve trovare fiducia, credo che vada bene al Milan e auspico che possa restare» la difesa affettuosa del Papero, scaduto anche nella considerazione dei tifosi.

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