Milanello - Vincenzo Montella è uomo di mondo oltre che tecnico preparato pur non avendo fatto il militare a Cuneo. Perciò non sa ritrarsi sui due temi calcistici del giorno che sono poi lo scansarsi di Buffon e il casting allenatori indetto dall'Inter. In verità solo su una domanda secca e scivolosa Montella batte in ritirata come si conviene a un allenatore ispirato ma pratico di comunicazione. E ciò accade quando gli chiedono se si è mai chiesto cosa avverrà, sulla base dell'esperienza interista, quando anche al Milan guideranno i cinesi lontani un mondo. «Vi deluderò ma non rispondo», è la sua difesa ermetica che assume ancor più valore se addizionata alla risposta sulla telefonata recentissima con Silvio Berlusconi («continua a dispensare consigli e spunti per migliorare, se perde tempo col Milan pur avendo impegni in politica vuol dire che è dentro la vita del club»). Montella uomo di mondo sa maneggiare la frase-scandalo del capitano juventino con estrema maestria. «Se parla Buffon che è uno che ha fatto dell'umiltà e della voglia di migliorare la sua forza, bisogna saperlo ascoltare. Lui parla da calciatore ad altri calciatori, è diverso dal linguaggio di un allenatore. Scansarsi vuol dire che alcune squadre nutrono nei confronti della Juve una sudditanza psicologica. Io non mi scanserò», il suo ragionamento concluso da una battuta riferita alla prossima sfida del 23 dicembre (la supercoppa italiana a Doha).
Allo stesso modo si comporta Montella con il casting interista. «Non m'interessa granchè, lo dico con simpatia e nemmeno mi meraviglio perché è già successo, molti club lo realizzano anche se in modo non visibile, è normale attività. Tra l'altro io sono da sempre favorevole al doppio allenatore, magari uno straniero e l'altro italiano, purchè si sappia chi comanda» è la chiusura che non ha il sapore di una boutade.
Il dibattito sull'attualità non può lasciare in un cantuccio né l'insidioso viaggio a Palermo («servirà furore agonistico») e nemmeno le aspettative sul conto di Bacca, chiamato dal tecnico «a dare qualcosa di più e a fare ciò che gli riesce meglio», cioè il gol, specialità del colombiano discusso ma rimesso in sella. Come capita anche a Mario Pasalic, classe 1995, destinato a riprendere il posto a centrocampo di Bonaventura spostato in avanti per l'assenza di Niang (tonsillite).
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