Napoli Il day-after è un misto di sensazioni, riconducibili quasi tutte alla sconfitta del caro nemico. Sono diventati caldi, caldissimi, i telefonini degli azzurri, intasati dai messaggi diretti all'ex compagno Duvan che ha fatto cadere la Juventus a Marassi. Zapata è sempre un amico, oltre che tifoso del Napoli, non dei dirigenti per ovvi motivi. C'è poi la consapevolezza di aver vinto una gara importante, perché non è mai facile dopo una sosta soprattutto se l'avversario si chiama Milan. E la certezza di aver recuperato, nella testa più che nelle gambe, il giocatore che di questo Napoli sta diventando il simbolo, l'artefice di una magia.
In una settimana assurda Insigne si è scoperto leader, punto di riferimento. Del Napoli e del nostro movimento nazionale. L'unico vero vincitore nel momento della disfatta, invocato da tutti ma ignorato da Ventura, prima di rimettersi al comando della truppa azzurra e di spingerla ancora più su. Il gol, lo stile nel commentare la questione Italia, quel gesto di abbracciare il napoletano Donnarumma chiedendo alla curva di non fischiare un altro figlio del Vesuvio: tre flash in una notte che racchiudono l'essenza del personaggio, l'essere diventato capo carismatico, il trascinatore.
Il Napoli sa di poter vincere pur non giocando benissimo, dovendo però spegnere quella spia rossa che appare a intervalli: giocano sempre gli stessi e comincia a scarseggiare la brillantezza. Prendiamo il solito Insigne, ad esempio: va in campo ininterrottamente da 57 partite. E domani c'è la Champions, match da dentro o fuori contro gli ucraini dello Shakhtar, bisogna vincere questa e l'ultima in casa del Feyenoord, sperando poi che Guardiola faccia il suo dovere all'ultima giornata contro lo Shakhtar.
Conteranno le scelte dell'allenatore, ovvero la gestione del turnover, e la testa degli azzurri. «Forse inconsciamente pensano più al campionato ma è sbagliato», è la sensazione di Sarri. Sembra che la squadra abbia già deciso dove indirizzare i propri sogni.
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