Nell’Inter alla romana la polpetta è olandese

Nell’Inter alla romana la polpetta è olandese

L’annuncio del suo arrivo all’Inter diede la medesima scossa di una cessata attività: Moratti sbarella, ha chiamato il normalizzatore. Claudio Ranieri c’era abituato, a Roma lo chiamavano il minestraro perché era uno che vinceva tutte le partite che doveva vincere e perdeva tutte quelle che doveva perdere. Ma a Milano lo si conosceva di striscio, più per merito di Josè Mourinho che ricordava come il tecnico del Testaccio fosse un provinciale che neppure dopo anni a Londra sapeva dire buon pomeriggio in lingua. In realtà nessuno capì subito perché Josè se la prendeva tanto con lui, anche se la Roma in quei giorni era l’unica minaccia al suo potere assoluto. Il fatto era che al Chelsea si continuava a parlare del romano anche dopo l’arrivo di Josè e allo Special dava sui nervi. Arrivò a proibire interviste ai giocatori in cui si parlava di Ranieri e ai giornalisti di fare domande sull’argomento. Poi all’Inter Ranieri fece una striscia che sorprese perfino il presidente che al momento aveva solo voglia di dimenticare Gasperini.
Via un romano ne è arrivato un altro, romanista anche lui. Il primo a rimanere sorpreso della sua decisione di promuoverlo in prima squadra è stato proprio Moratti che lo aveva promosso. Per giustificarsi disse che lo Strama era strano, insomma aveva qualcosa che lo intrigava e un giorno, nel tentativo di elogiarlo, spiegò come del resto per allenare l’Inter fosse fondamentale essere un po’ pazzi. Lui quasi si offese: «Pazzo? Io? Mannò, preferirei imprevedibile. Anche se per allenare Milito come allenavo Longo un po’ di incoscienza ce la devi avere». Come Ranieri quando gli chiesero se era d’accordo sul ritorno di Maradona al Napoli: «Prima vorrei conoscerlo», rispose. Sono strani questi romani. Adesso Ranieri è tornato nel lussuoso appartamento ai Parioli. Quando Moratti lo ha chiamato nel tardo pomeriggio per spiegargli che voleva dare un segnale, lui ha chiesto di restare e lo ha fatto con la sua conclamata correttezza: «Sono pronto a qualunque altra forma di collaborazione», disse al presidente. Si è rituffato nella sua Roma, lo incontri al mercato del Testaccio, a Campo dei Fiori, inglese poco e il romanesco ancora meno.
Non si capisce cosa e dove, ma un romano lo percepisci. Come se fosse sempre lì a ricordartelo: sono romano, cosa posso farci. Anche se a Stramaccioni l’hanno ribatezzato “il milanese” perché è talmente maniacale nel pre-gara che nelle giovanili mandava un fido a misurare il campo degli avversari. E dire che era già stato un candidato alla sostituzione di Ranieri quando poi alla Roma scelsero Montella. Moratti a Ranieri aveva chiesto terzo posto e accesso ai quarti Champions, allo Stramaccioni di vincere e basta: «Guardi che l’Inter - gli ha detto quasi in confessione -, in genere le partite le vince». Giocavano tutti e due dietro, anzi Stramaccioni quando hanno abbinato il ruolo alla scarsa qualità, si è pure arrabbiato: «Ennò, io ero bravo, chiedete in giro». Ranieri si è sempre difeso: «Bravo? Bè, è un ruolo dove certe volte devi menare». All’Inter ha iniziato con il 4-3-1-2 a Catania, poi per sicurezza li ha provati tutti, perfino il 4-1-4-1. Stramaccioni è rimasto fedele al suo 4-3-3. Per ora. Perché adesso gli rientra Wesley e la musica cambia.
Due romani e un olandese, il giocatore più talentuoso che fluttua nella squadra. È la polpetta avvelenata che Ranieri ha passato a Stramaccioni.

Ne vinse sette di fila raccontando che non era niente in confronto a quanto sarebbe accaduto in seguito: «Ho fuori Forlan e Sneijder, e quando rientreranno anche loro...». Appena tornò l’olandese, il normalizzatore si normalizzò e venne licenziato. Adesso tocca all’imbattuto Stramaccioni, gli sta girando per la testa Wesley.

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