nostro inviato ad Appiano Gentile
Quattro mesi dentro la centrifuga e ha ancora la faccia da sbarbato: «Sto cercando di capire. E forse sto già imparando qualcosa ma è difficile spiegare cosa vuol dire stare in una prima squadra, e una prima squadra come l'Inter poi. Il passaggio dalla Primavera è una voragine, qui c'è un altro mondo che si muove, sentirsi protetti però è un bella sensazione, e so che è un vantaggio che in passato non ha accompagnato molti».
Ma Andrea Stramaccioni cos'è? Un predestinato, un miracolato, una moda? Un antiMou, una replica di Guardiola? O è solo un ragazzo abbastanza sveglio da non farsi prendere. Con un margine di rischio calcolato e meritato.
Arriva subito dopo l'allenamento del mattino, gioca sulle vedove di Mourinho, sghiaccia, accavalla le gambe e fra due giorni fa un debutto più serio in un'Europa diversa un po' per tutti.
Ma alla fine lei cosa pensa: scelto per aver vinto una Next Generation cup?
«Credo e spero ci sia dell'altro ma il risultato è sempre importante. Pensate che sarebbe stato facile promuovere in prima squadra uno che usciva da una finale persa?»
I tifosi in questi anni hanno imparato a premiare anche l'imprevedibilità del loro presidente...
«Con il presidente c'è stato un contatto quotidiano fin dal primo giorno. Lui all'inizio si informava, voleva sapere dell'allenamento, dei giocatori, anche piccoli particolari. Adesso il nostro è diventato un confronto, un passaggio nel nostro rapporto che ritengo fondamentale».
Quando ha iniziato a domandarsi se sarebbe stato confermato?
«Me lo sono chiesto per la prima volta dopo Parma-Inter, 36esima giornata, una sconfitta che praticamente ci ha messo fuori dalle posizioni Champions. Qui si mette male, mi sono detto, qui cambia tutto, ci sarà un ribaltone da paura, non ci sono più intoccabili. E mi chiedevo cosa avrei detto in conferenza stampa pochi minuti dopo. Avrei potuto attaccare per difendermi, come spesso si usa, e dire che non meritavamo di perdere. Ma poi sarei stato il primo a pentirmi per una reazione così scontata e solo emotiva. A togliermi ogni pensiero è stato proprio il presidente, mi ha chiamato e mi ha detto: Non meritavamo di perdere. Bravi ugualmente. Oh, eravamo fuori dalla Champions... Non so quanti avrebbero reagito a quel modo».
Se ne faccia una ragione, la paura accompagna la vostra carriera...
«Mi sto esercitando anche a questo. Io dentro al campo mi sento bene, è casa mia. Fuori è diverso. La rapidità dei giudizi mi lascia sempre perplesso. Sono su una grande nave e non sono in un posto qualunque, sono sulla prua».
Con dei modelli da seguire?
«Si può imparare da tutti, basta avere pazienza. Ognuno ha qualcosa da insegnarti e bisogna essere modesti per capirlo. Ma non ho modelli anche perché poi nessuno è qui al mio posto. Intendo quando devi prendere certe decisioni e lo devi fare in pochi secondi».
Lei cosa cerca?
«Non lo so cosa cerco, so cosa voglio. E io non voglio allinearmi».
Forse perché ha capito che qui adesso c'è aria nuova?
«Forse. Ma è più probabile che ce l'abbia dentro per tutte le cose, questo desiderio».
Lei di chi si fida?
«Di tutti finché qualcosa mi fa cambiare idea. I rapporti con gli altri sono un aspetto che non trascurerò mai, soprattutto con i miei giocatori».
Con qualcuno sembra sia girata male... I tifosi si chiedono per quale motivo Poli non sia stato confermato. E se lo chiedono di Poli, non di Zarate o Forlan o Lucio...
«Quando sono arrivato Andrea era dentro la squadra. E non lo era solo per me ma per tutti, dirigenti e presidente. Poi quando è arrivato il momento di chiudere una trattativa che sembrava molto semplice, tutto si è complicato».
Questione di soldi?
«Solo questione di soldi. E io credo che una società abbia tutto il diritto di decidere cosa fare».
Poli l'ha presa male...
«Sono andato io a parlarci, lo so, ma ormai non dipendeva più da noi».
Poi Muntari va al Milan, Lucio alla Juve, Pazzini aspetta solo una chiamata di Conte. Rischio Julio Cesar, anche Ranocchia. Cosa pensa?
«In loro c'è ancora molta voglia di giocare ad alti livelli e questo non lo posso criticare. Il resto lo tengo per me».
Maicon in lista Uefa cos'è, braccio di ferro?
«No, solo il regolamento cambiato, il 13 agosto verrà presentata una seconda lista per l'Europa League e un'eventuale presenza non impedisce di giocare in un'altra squadra la Champions fin dal primo turno. Ma Maicon non ha mai rilasciato certe dichiarazioni».
Mourinho chiama Sneijder?
«Ma stiamo scherzando? Lui è qui, è al centro e su di giri. Oggi all'allenamento ha portato ad Appiano anche moglie e figlio».
Cosa manca a questa squadra?
«Potremo dire cosa manca a questa Inter solo dopo il 31 agosto».
Con l'Hajduk c'è solo tutto da perdere. L'Inter è pronta?
«A Spalato ci arriviamo preparati mentalmente e fisicamente. Glasgow è stata un buon test, importante non aver perso, ma il 2 agosto è una data insolita per le squadre italiane».
Lei non parla mai di scudetto...
«È sbagliato?».
Moratti ha detto che lei crescerà, vincerà e poi se ne andrà...
«Lo ha detto anche a me. Poi ci siamo fatti una risata. Bè, sarebbe peggio se me ne andassi senza aver vinto niente...».
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