Nell'arena di Malaga Chi per la storia chi per la panchina

Allegri rischia l'esonero: "Da incosciente non ci penso. Vediamo di che pasta siamo... Berlusconi? Non chiama"

Nell'arena di Malaga Chi per la storia chi per la panchina

In Andalusia ne sono proprio convinti. «È la partita più importante della storia del club» sostengono con enfasi legittima. E a conferma del clima vissuto a Malaga per l'arrivo del Milan giunge l'annuncio di Abdullah Bin Nasser Al Thani, il ricco presidente arabo che torna in tribuna allo stadio La Rosaleda (attenti al prato spelacchiato a causa di un fungo) dopo un lungo periodo di esilio. Causato, a leggere la ricostruzione, dalla contestazione seguita alla cessione di alcune stelle e dalla notizia del mancato pagamento di stipendi. Ora invece che c'è una striscia promettente di risultati alle spalle (4 successi di fila) e la prospettiva di guadagnare una posizione di prestigio nella qualificazione in Champions, ecco rispuntare l'entusiasmo e il senso di appartenenza. A dispetto delle assenze di Baptista (la famosa «bestia» della Roma), Buonanotte, Monreal e Toulalan: basta e avanza Saviola per legittimare i propositi del tecnico Pellegrini, risalito con i suoi al terzo posto nella Liga.

Il calcio è questo: nel giro di qualche mese si può passare dalla delusione più cocente all'entusiasmo più contagioso. In Andalusia sono convinti che si tratti della partita più importante della storia ma anche Allegri, nel suo piccolo, deve aver intuito l'antifona. E non solo perché ha letto e sentito in giro previsioni cupe sul proprio destino, esonero garantito anche in caso di successo. «Fortunatamente sono un incosciente e non ci penso» la sua risposta persino divertita, condita dalla successiva riflessione («solo i matti pensano troppo»). Molti sorrisi, prima di volare in Spagna, dispensati anche dinanzi ai quesiti più crudeli («la squadra è con l'allenatore?» la domanda, «quando li alleno vengono tutti» la risposta). Senza nascondersi dietro una scontata battuta. Perché lo scenario in campionato è allarmante, molto allarmante. «Con questa media punti in campionato difficilmente ci salveremmo» la consapevolezza di Allegri mitigata dalla successiva sicurezza, «impossibile che il Milan non ne venga fuori, ne sono strasicuro anzi».

E allora si continua così. Da Milanello a Malaga con Allegri sulla graticola, speculando sui contatti telefonici con il presidente Berlusconi («è da una settimana che non lo sento, con Galliani mi sento tutti i giorni») e prendendo nota di alcune correzioni alla rotta tecnico-tattica. La scelta, definitiva, è quella nota, considerata dallo spogliatoio la più affidabile: due mediani davanti alla difesa, nonostante la perdita secca di De Jong (infiammazione all'anca, recupererà per sabato col Genoa), rimasto a casa in compagnia di Abate (meglio lucidare la condizione fisica deficitaria) e di Abbiati (infezione alle vie respiratorie). Ma serve altro, molto altro per uscire dal tunnel. «Dobbiamo giocare con maggiore cattiveria» l'espressione utilizzata da Allegri convinto di poter contrastare la velocità e l'esuberanza del Malaga con lo stesso sistema di gioco che a San Pietroburgo diede frutti inattesi.

Attese risposte esaurienti («in queste occasioni si vede di che pasta siamo fatti» la provocazione del livornese spedita allo spogliatoio) dai più discussi in casa Milan: a cominciare da Amelia, il portiere finito sotto accusa per i primi due gol presi all'Olimpico, per finire a Boateng, candidato a rimanere fuori dallo schieramento iniziale per via di una sequenza di prove insoddisfacenti. Il giovanotto è convinto di essere diventato un personaggio dello star system oltre che un fuoriclasse, degno sostituto di Ibrahimovic e Thiago Silva. E invece deve recuperare l'umiltà con cui si affacciò a Milanello e nel calcio italiano, due anni fa.

"Non dobbiamo più pensare all'altro Mila: sono due squadre completamente diverse" l'ammonimento finale di Allegri. Vero: due squadre diverse. Ma non tanto diverse da far risultare una da scudetto e l'altra da retrocessione.

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