Nessuno come Bolt Storico doppio bis "Zitti, sono un mito"

Vince 100 e 200 in due Olimpiadi consecutive. Blake s’inchina all’amico, Weir terzo. Lemaitre, sesto, salva l’onore dei bianchi. Bolt si scatena: "Io, il più grande atleta vivente"

Nessuno come Bolt Storico doppio bis "Zitti, sono un mito"

Oro più che mai. Ora più di sem­pre Usain Bolt non è più un cam­pione di questa terra. Lo conosco­no su Marte, lo invidiano sulla lu­na, lo hanno accolto nella leggen­da. C’è sempre un modo di stupi­re, ma ci vogliono fantasia e bravu­ra per stupire chi si stupisce. Lon­dra e il mondo non sapevano cosa pensare. Lui c’è riuscito raccon­tandoci la più sensazionale sfida che un’olimpiade potesse offrire. Ha tirato i 200 metri più veloci di tutta la storia, ha trascinato il mon­do giamaicano ad una tripletta da podio mai vista (come gli america­ni ad Atene 2004), ha corso nel tem­po di Michelone Johnson (19’’32) che allora era record del mondo, oggi rimane il quarto tempo di sempre. MJ è stato un campione sfavillante e superbo. Non gli è riu­sci­ta la doppietta perché il divin de­stino aveva altre idee. E ieri sera lo ha dimostrato. Nessuno mai ha vinto due volte di seguito i 200 me­tri, Carl Lewis e Johnson non ce l’hanno fatta, gli altri nemmeno ci hanno provato.

Due dita sulla bocca prima di passare il traguardo, il gesto del tut­ti zitti, dieci flessioni mentre Yohan Blake è lì accanto che maga­ri impreca facendo la faccia sorri­dente, Bolt è tutto questo e anche di più. Con tanto di scenetta: pren­de la macchina a un fotografo, scat­ti a ripetizione anche al rivale, so­prattutto per immortalare il mo­mento storico. E poi dirà: «Ero ve­nuto qui per vincere l’oro, ci sono riuscito. Ora sono una leggenda, mi sento il più grande atleta viven­te. Appartengo alla categoria di Mi­chael Johnson. Non devo più di­mostrare nulla».
Usain è la corsa che non cono­sce confini, è il ragazzo che ti dice: «Ho capito che devo cambiare alle­namento, perché così non va» e do­po
un mese vince 100 e 200 alle Olimpiadi. Corre Bolt come sentis­se dentro il mondo che gode, corre come la benzina non finisse mai, corre perdendo le gare che non contano. E non sappiamo fin quan­do correrà. Non c’è mai stato al­cun atleta che abbia corso come se gli avversari non esistessero, co­me se quelli della corsia accanto si­ano soltanto buoni compagnoni di una storia che conosce solo il lie­to fine. Non c’è prepotenza se non nel far girare le gambe,non c’è anti­patia neppure quando ti dice con il dito tutti zitti, perché fa parte del­lo scherzo. La corsa è uno scherzo ma forse non l’abbiamo capito mai.

La corsa è un racconto ma non è facile concluderla con il solito fina­le, dandoti l’impressione di non averlo mai letto. C’è da appassio­narsi a Bolt come a un romanzo, un film, un giallo letto mille volte e che rileggeresti sempre. Usain è l’uomo che ci ha portato nei 45 ora­ri dell’umano contachilometri senza metterci in disparte. Forza, correte anche voi. Il giamaicano ha corso facendo intuire la grandezza di Yohan Blake e la sua dannata sfortuna nel trovarsi davanti questo cannibale. Lo dicevamo di Gimondi ai tempi di Eddy Merckx, un altro della spe­cie. Un secondo per accendere il Boltpower, partenza facile, passo a stroncare gli avversari.E all’usci­ta della curva, mentre il franceso­ne macchia bianca, Christophe Le­maitre, abbandonava i suoi sogni digloria(6˚in20”19)esifacevaun po’ indietro Warren Weir, il terzo ragazzo dell’isola destinato a pren­der quota tra quelli che hanno le ali ai piedi, ecco farsi sotto la «be­stia »:l’unico uomo autorizzato ad aggredire Bolt anche in pista.
Ce la fa? Non ce la fa? Il dubbio è durato quattro secondi, quei cin­quanta metri nei quali Blake aveva riposto il segreto delle sue speran­ze.

Aveva già sperimentato a Bru­xelles quando corse in 19’’ 26 e Bolt smise di chiamarlo Junior per ride­finirlo «Bestia». Il guru americano John Smith un giorno disse di Bolt: «È una ano­malia della natura». E Bolt anche ieri sera, come altre volte, non gli ha dato torto. «Quando mi siedo e mi guardo allo specchio, vedo che ho vinto tanto e battuto tutti i re­cord possibili su una pista». Non c’è altro diversivo, sia che lui parli del pollo fritto o della corda da gin­nastica che gli hanno portato via prima dei 100 metri. Entra in pista e vince. «Siamo qui per divertire e divertirci. Il pubblico deve disten­dersi, non venir stressato».

Non si stressa lui, si stressano quelli della corsia a fianco. Rileggere l’ordine d’arrivo per capire: Bolt 19”32, Blake 19”44,Weir 19”84,l’america­no Spearmon 19”90. Hanno tutti dato il massimo. Lui si è divertito.

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