Tokyo 2020

Non ci fermiamo più E sale la febbre a... 40

Conyedo, bronzo nella lotta, porta il bottino a 39. E chissà se nella notte passata le Farfalle...

Non ci fermiamo più E sale la febbre a... 40

Conyedo 39: non è la sigla di un taxi, ma l'ultimo flash che potrebbe aver chiuso il più numeroso medagliere della storia olimpica italiana. In realtà Conyedo 39 si legge Abraham de Jesus Conyedo Ruano, nome lungo quanto il peso 97 kg e quanto il percorso compiuto per arrivare in maglia azzurra a Tokyo. Viene da Cuba, da Santa Clara dove riposano le ceneri di Che Guevara e dove qualcuno ricorderà un ragazzino che viveva per la lotta e forse lottava per vivere. Oggi ha 27 anni ed un gingillo di bronzo. Italia a 39 medaglie, ma con quel tanto di febbre a 40 che non guasta. Chissà mai se la notte appena conclusa avrà portato la quarantesima, numero bello tondo. Il sogno o son desto affidato alle svolazzanti ragazze della ginnastica ritmica: le farfalle portano colore. Chissà mai!

Ma, intanto, gloria e inchino al podio della lotta dopo aver affogato le speranze con Frank Chamizo. L'Azzurro Italia che cominciò il ciclo del godimento da medagliere con il calcio di Vito D'aquila (takewondo) quasi a scacciare il malessere di questi due anni, potrebbe aver chiuso con l'uomo che ti blocca e mette a terra nella lotta libera: se proprio vogliamo vederla, un altro segno del destino del tempo nostro. Vince un ragazzo che ci ha insegnato a guadagnarsi la maglia e la nazionalità a suon di successi, vince l'idea che si possa premiare un percorso di integrazione com'è capitato ad Abramo: il 19 dicembre 2019 il ministero degli Interni, su proposta del ministro Luciana Lamorgese, gli concesse la cittadinanza per meriti speciali. Ed ora i meriti sono raddoppiati: Conyedo porta a casa la terza medaglia olimpica della lotta dopo quella di Pollio (1980) e Frank Chamizo (2016). Che poi anche Chamizo sia cubano di nascita, e italiano di adozione, è semplicemente casuale: comunque grazie Cuba. Conyedo ha seguito la sua religione sportiva. E De Jesus nel cognome dice tutto sul credo. Da ragazzino ha conquistato medaglie per Cuba, dal 2018 ha cominciato ad infilare bronzi per l'Italia: uno mondiale, uno europeo ed ora quello olimpico. Triplete perfetto. Stavolta è stata dura: essendo passato dai ripescaggi. Poi la finale con il turco Suleyman Karadeniz ed è stata lotta sotto ogni punto di vista, avendo dovuto rimontare prima di ribaltare la situazione e portarsi a casa il bronzo grazie alla prova tv che in altro sport chiameremmo Var. E che stavolta non è stato una persecuzione. Anzi. «Questa medaglia è la mia vita, ciò per cui ho lavorato 5 anni», ha raccontato l'ercolino da un metro e 80.

E così il quadro è completo, anche la lotta ha partecipato alla festa di una Nazione che non ha frenato la fantasia ed ha acchiappato medaglie in discipline disparate e meno valorizzate. Forse lo sport potrebbe insegnare qualcosa al resto del Paese. Certo, facile a dirsi. Eppure stavolta non ci siamo fatti mancare niente. D'accordo, qualche appuntamento saltato, medaglie di legno che possono far male. Ma c'è il gotha dello sport nostro e delle nostre preferenze nel medagliere: dal ciclismo all'atletica, meravigliose staffette, la prima volta della boxe femminile e la prima volta del karate, canoa e canottaggio, si va dal nuoto alla scherma ingrigita dalla mancanza di un oro. Ecco, gli ori: Tokyo chiama Tokyo, se non ci sarà una sorpresina finale. Furono 10 nel 1964, sono tornati ad essere 10 stavolta. Il massimo fu a Los Angeles '84 con 14 successi. Missione compiuta per chi voleva scavalcare Rio de Janeiro (8).

In compenso è già record di bronzi: Conyedo 39 conferma.

Commenti