Non è mai troppo tardi per il bacio dell'Inter

Altro gol nel finale: Spalletti stavolta «ringrazia» D'Ambrosio. Ma quanta fatica contro il Genoa

Non è mai troppo tardi per il bacio dell'Inter

Milano - D'accordo, l'Inter vince ma non convince. Sbuffa fino alla fine e infila il quarto successo guadagnato nella coda della sfida dopo i precedenti di Roma, Crotone e Bologna. Tre indizi, in questo caso, costituiscono una prova. La prova che l'Inter ha voglia e benzina nelle gambe per trovare il guizzo decisivo ma soprattutto ha le risorse in panchina per capovolgere l'inerzia delle partite.

Proprio come ieri, a San Siro, al cospetto di un Genoa pieno di cerotti e di gioventù che grazie a Perin e a una discreta organizzazione difensiva riesce a tenere testa al rivale apparecchiando anche qualche replica appuntita, la più pericolosa delle quali (destro di Omeonga) risulta frenata dai guantoni di Handanovic, una garanzia in ogni occasione. Stavolta è D'Ambrosio, un difensore, spesso in difficoltà dinanzi alle scorribande di Taarabt, a trovare la palletta giusta su un calcio d'angolo per piegare la resistenza del portiere del Grifone. Tutto all'ultimo assalto, insomma. Ma se l'Inter non cattura mai l'occhio e anzi provoca qualche fischio di troppo (bersagli Candreva e Dalbert), la responsabilità è di chi ha il compito di produrre gioco, disegnare giocate, quindi Borja Valero e Vecino (quest'ultimo è il meno peggio della compagnia), i due centrocampisti addetti alla bisogna. Da ricordare che la coppia è reduce da Firenze dove la viola è arrivata ottava e sesta nelle passate stagioni: questo passa il convento, questa la qualità a disposizione. Se poi Candreva e Perisic, da cui dipende il destino di Icardi in area di rigore, vivono un pomeriggio di discutibile genio, allora gli stenti interisti si possono capire al volo.

Della prima frazione c'è da citare solo il palo scheggiato da Brozovic con un tiro a sorpresa: ma si tratta di un episodio isolato che non può certo rallegrare Spalletti e ancor meno autorizzare i sogni di gloria del popolo neroazzurro. Qualcosa di più e di meglio l'Inter combina nella ripresa a dire il vero e qui è lo stesso responsabile di Appiano Gentile a modificare lo schieramento con una striscia di sostituzioni che hanno un senso geometrico e tecnico. A tal proposito il debutto del francese Karamoh è quello che si guadagna più di un consenso e che sconvolge i piani di sorveglianza preparati da Juric. Per frenarlo devono ricorrere alle maniere forti finendo ammoniti o espulsi un paio di genoani ed è già il primo segnale confortante. A dare uno scossone al lento e scontato procedere del gioco provvede anche Eder che almeno tira, senza entrare in area, per dimostrare di avere ancora un piedino caldo. «Abbiamo un pubblico esigente e dobbiamo capirlo» la frase spesa da Spalletti per non trasformare i fischi diretti a Candreva e al difensore francese in un caso spinoso.

Si sa come vanno le cose qui a San Siro, basta chiedere informazioni a Nagatomo oppure ad Ansaldi ripartito per Torino. Appena s'impennano le aspettative, cresce la delusione. Juric alla fine se la prende con l'arbitro per non maledire la sorte che gli toglie troppi giocatori per non provocare dissesti alla sua squadra.

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