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Non solo pugni, il pugilato non merita un ko

I colpi possono essere molto pericolosi, ma ogni disciplina ha i suoi rischi

Non solo pugni, il pugilato non merita un ko

La boxe spaventa ed affascina. È una vecchia storia. Spaventa perché ci racconta spesso di conseguenze letali dopo un atterramento, dopo un match, dopo un allenamento. Affascina perché il potere dell'uomo contro uomo, il coraggio che si specchia negli occhi di uno nell'altro, la coerenza nel non distinguere fra ricchi e poveri, è il suo bagaglio culturale. Smuove l'incredibile attrazione del rischiar la pelle, che negli ultimi decenni ha attirato anche tante donne. Prima le signore stavano sedute a bordo ring, oggi molte ragazze si battono con vigore e determinazione. Tutti pazzi? Forse. Ma non basta. La boxe, anche quella di Daniele Scardina, vive di regole, usa il cervello prima dei pugni. Lennox Lewis è stato uno dei maggiori cultori di una partita a scacchi sul ring. Muhammad Alì ne faceva uno spettacolo di cabaret alternativo. Ogni interpretazione ha una logica, talora una ragion di vita.

Ecco, perché riproporre la litania: basta con la boxe, la boxe ammazza, danneggia il cervello, ti mette in sedia a rotelle, diventa esercizio sterile quando si guardano i fatti. Il pugilato è considerato fra gli sport più pericolosi per il rischio vita: come altri. Nessuno fa caso, ma colpire di testa un pallone è peggio che prendere un cazzotto in faccia: il cervello non ringrazia mai. Una statistica di qualche anno fa, realizzata con diversi parametri, ha riassunto i principali sport a rischio ciascuno con caratteristiche diverse. Nel gruppo sono entrati automobilismo, motociclismo, ciclismo, motonautica, pentathlon moderno, boxe, rugby, sport invernali, arrampicata e triathlon. Top dei top, ma fuori classifica, sport estremi come Heliskiing e Base jumping. Il calcio, invece, va in testa pensando solo agli infortuni.

Si dirà che, quando si parla di pugili, inevitabilmente si pensa ai morti più che in altre discipline. Fanno più rumore: nel 1995 sommavano a circa 500 in 100 anni. Purtroppo il numero è aumentato in modo costante. Ma non contano solo i pugni. Le regole non salvaguardano da allenatori o manager sprovveduti o distratti, talvolta senza coscienza, le cautele mediche sono aumentate, la prevenzione parte anche da diete ed equilibrio dei liquidi. La pessima abitudine delle saune, per perdere peso, rischia di portar danni pure al cervello che naviga nell'acqua. Dicono gli esperti che non è mai l'ultimo colpo quello che ammazza. I guantoni sono meno pesanti di una volta, ma così i colpi si velocizzano. Vero che oggi gli atleti sono più allenati, ma sembrano più fragili di un tempo. Prevenzione, educazione, istruzione sono le tre regole per ogni sport.

E gli errori umani spesso fanno più danni dei pugni, di auto e moto lanciate, di una discesa folle o di una barca che vola sull'acqua.

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