Tornerà sullo Stelvio, dove è stato respinto, dove ha vissuto una delle giornate più amare della sua carriera, dove i suoi sogni rosa sono svaniti come neve al sole. Torna in cima allo Stelvio, dal 4 al 9 giugno, da solo, per capire, per comprendere, per rigenerare la mente e l'orgoglio di un grande combattente ferito nel proprio orgoglio. «Ferito, ma non morto», questo ci tengo a dirlo.
Vola basso, Ivan Basso: doveva essere protagonista, si è trovato a fare lo spettatore: «È stata una brutta botta è vero, mi aspettavo molto di più, ero convinto di andare molto più forte, invece mi sono scoperto vulnerabile. Non so dove stia l'errore, dove abbia sbagliato qualcosa. Non è una scusa, ma il mio avvicinamento al Giro (caduto due volte alla Parigi-Nizza e una al Giro di Catalogna, ndr) non è stato dei più sereni e dei più semplici. Ho dovuto assorbire le cadute, tamponare il tempo perso e recuperare come meglio ho potuto. Forse, in tutto questo può esserci la spiegazione di quella debâcle che io non mi aspettavo. Ma questo risultato non è una catastrofe. È mancato qualcosa, ma non così tanto. Ho corso a modo mio, come piace a me, ma purtroppo mi sono mancate due belle zampate: all'Alpe di Pampeago e sullo Stelvio, dove ero convinto di poter fare la differenza».
Eppure in questo Giro di logoramento, l'unico a logorarsi alla fine è stato proprio Basso.
«Fino alla tappa di Cortina mi sentivo benissimo. Con il senno di poi forse avremmo dovuto fare qualcosa di più ad Assisi e a Pian dei Resinelli, dove Hesjedal non è parso brillantissimo. Non l'abbiamo sottovalutato, ma non l'abbiamo nemmeno preso fino in fondo in considerazione. Questo discorso non vale solo per me, ma per tutti. Dico solo una cosa: se sul Giau, dove io mi sono sentito molto forte e la mia squadra ha fatto un'andatura eccellente, fossimo stati spalleggiati anche dai Lampre, non so come sarebbe andata a finire. Quel giorno io e Michele potevamo fare molto male al gruppo, invece alla fine ci siamo ritrovati sia io che lui con poco in mano».
Non pensa, invece, che nel suo motore si cominci a sentire la fatica, la stanchezza, il logoramento, un'attività tanto intensa quanto dispendiosa?
«Probabile che centri anche questo. Non è da escludere che debba anche correggere le mie ambizioni future. Io però sono sereno e non escludo nulla, anche se resto convinto di poter ancora recitare la mia parte nei grandi giri».
Ora il Tour (dal 30 giugno, ndr), per aiutare Nibali
«Lo merita, è giusto che lo faccia.
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