di Davide Pisoni
Eppure tutto è iniziato dieci anni fa. 19 maggio 2007, Arezzo. La Juventus torna in serie A battendo i toscani, condannandoli alla retrocessione per la furia di Antonio Conte. Scherzi del destino. Adesso il cerchio si sta chiudendo. Anche se non sarà la coppa Italia appena vinta o magari il sesto scudetto della leggenda ad archiviare definitivamente quella macchia sulla storia bianconera. C'è solo uno «sbianchetto» per Calciopoli: l'appuntamento del 3 giugno, Cardiff, Galles.
Perché la Champions League, ventuno anni dopo l'ultima e nel decennale della fine del purgatorio, sarebbe la catarsi. L'araba fenice bianconera. Prima che sportiva, societaria e politica. E in un lasso di tempo clamorosamente ridotto, sportivamente parlando. Di quella squadra restano Buffon, Chiellini e Marchisio mentre Nedved è vicepresidente e Trezeguet ambasciatore bianconero. La società ha cambiato completamente faccia. La Signora ha anche costruito una casa sua. Ecco, in fondo quella è la grande eredità lasciata dalla cosiddetta Triade, Moggi-Giraudo-Bettega, e che ha contribuito non poco ai successi.
Sotto le ceneri da cui non era così scontato rinascere, c'erano i prodromi della vittoria. E quindi questa Juventus che sogna il triplete affonda le radici proprio nella sua stagione più tenebrosa. Perché l'onta del contrappasso della serie B le ha permesso di azzerarsi e azzerare il passato.
Si è ricostruita, non senza difficoltà, e quando Andrea Agnelli è diventato presidente, sempre il 19 maggio ma del 2010, si è capito che era venuto il momento della rivincita, della raccolta. Come va ripetendo Massimiliano Allegri. E la Champions dieci anni e diciotto giorni dopo l'ultima partita in serie B darebbe un senso a tutto. Davvero a tutto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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