Caro Donadoni, si è appena chiuso il 2015 che è stato per lei un anno pieno di tormenti, affanni e riconoscimenti. È più ferito o più lusingato?
«Mi hanno fatto piacere gli attestati ricevuti per il comportamento avuto a Parma quando ho tenuto in piedi la baracca. Devo però ammettere che è stata un'esperienza durissima che non auguro a nessuno e che spero non si verifichi più anche se alcune notizie confermano che lo stato di salute del calcio italiano non è affatto migliorato».
Cosa le ha lasciato Parma?
«Il ricordo nitido di tre anni magnifici, vissuti in una città che mi ha regalato una qualità della vita super, nel privato sono stato arricchito dall'arrivo di mia figlia. Peccato che nella professione non sia finita bene».
Cosa ha trovato invece a Bologna?
«Tre elementi: entusiasmo, voglia di fare e competenza. La città mi ha accolto con un affetto che mi ha sorpreso. Ricambiare l'affetto ricevuto è il mio unico programma».
Chi ha visto nel torneo passato Destro arrancare e giocare poco nel Milan di Inzaghi si chiede: ma come ha fatto a rilanciarlo?
«Se uno, come Destro appunto, ha fisico e talento, ha bisogno di recuperare fiducia e sicurezza nei propri mezzi per risalire la china. Siamo riusciti a premere il tasto giusto».
Senza aver vinto né lo scudetto né la coppa Campioni, è stato premiato più volte nel 2015: merito di cosa?
«I premi fanno sempre piacere e sono un parziale risarcimento delle grandi difficoltà vissute. In questo caso credo sia stato premiato più l'uomo che l'allenatore. E penso inoltre che il merito sia dei valori appresi in famiglia, dai miei genitori, all'oratorio. Devo a loro se mi sono comportato in un certo modo».
Col successo di Ranieri in Premier League e lo sbarco di Ancelotti in Germania, è tornato di moda l'allenatore made in Italy: successo meritato?
«La nostra scuola ha una tradizione vincente ed è fatta da persone di grande valore e spessore. Gli esempi citati, Ranieri e Ancelotti, ne sono una testimonianza».Anche Donadoni è cambiato dai tempi del Livorno«Certo. E ho imparato soprattutto a gestire tensioni e pressioni che sono una componente essenziale del nostro lavoro».
Ha sentito la proposta Sarri: far giocare la serie A anche durante le feste. Favorevole o contrario?
«Sono favorevole. E condivido anche l'idea che si debba partire prima con la stagione. Da noi in Italia siamo legati a schemi superati, domina una mentalità vecchiotta».
Conte sembra in partenza dalla Nazionale per tornare al club: è così complicata la condizione del ct in Italia?
«Spesso, in quel ruolo, ti prende uno strano senso di impotenza: non riesci a incidere come vorresti per il tempo ridotto a disposizione. Poi dipende dal temperamento della persona superare o farsi schiacciare da questa condizione».
A proposito di Nazionale: agli Europei come andrà?
«Tutti sostengono un concetto: non abbiamo una grande Nazionale. Può essere. Ma può diventare una risorsa se tutti insieme, tecnico e giocatori, riusciranno a trasformare questa presunta debolezza in una forza collettiva».
Per lo scudetto è sempre una lotta a due tra Inter e Juve?
«Io ho incrociato di recente Napoli e Roma e posso garantire che non sono fuori dalla corsa. Così come la Fiorentina».
Veniamo al pianto greco del Milan: non è ancora uscito fuori dal tunnel. Ha una spiegazione?
«La più pertinente mi sembra questa: nel passaggio da una generazione all'altra di calciatori, non c'è la garanzia di realizzare subito uno squadrone pur disponendo di risorse. Perché nel calcio conta, oltre al talento, anche la chimica tra le persone. Nel frattempo, rispetto a qualche decennio prima, è cambiato il calcio. Perciò quando sento parlare di mandare a casa questo o quello, io dico: bisogna cambiare le strategie non le persone».
Costacurta e Maldini continuano a invocare la presenza di ex in società al fianco di Galliani: siamo sicuri che basti essere stato calciatore per fare bene? Del grande Milan di Arrigo sono in pochi ad aver sfondato come allenatori: Ancelotti, Donadoni, Tassotti?
«Il passato da calciatore può servire per l'inizio poi occorrono altre qualità perché a un certo punto contano solo le idee che porti avanti e non più la tua bacheca personale».
Cosa può fare il Bologna nel nuovo anno?«Qui c'è un nuovo modello di società e un concetto inedito di proprietà che possono fare strada: abbiamo perciò le condizioni ideali per lavorare bene e portare a casa risultati sorprendenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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