Tre ottobre 2010. Casey Stoner festeggiava sul podio di Motegi, in Giappone, il secondo successo di fila in sella alla Ducati. Alle sue spalle, a quattro secondi, si piazzò Andrea Dovizioso, su Honda. Sette anni dopo il Dovi, quel pilota etichettato come troppo normale, pacato e mai sopra le righe, domenica ha ripetuto le gesta di un altro tipo sorprendentemente tranquillo come l'australiano, riuscendo nell'impresa di far rivivere un déjà vu ai fan della Rossa. Di più, a riscaldare il cuore di quei tifosi nostalgici che vorrebbero vedere sempre la casa di Borgo Panigale sul gradino più alto del podio. Perché vincere con Yamaha o Honda ha di certo il suo fascino, ma farlo da italiano su moto italiana, e che moto tutta da domare com'è, ha un altro gusto.
E a proposito di libidine, chissà come se la sta godendo il Dovi. Che in soli due Gp si è tolto due sassolini dalle scarpe. Di lui non si diceva altro che «ah sì è un bravo pilota, ma non un campione» e che per vincere in Ducati «serve il campione vero, magari un campione del mondo». Detto, fatto. È stato affiancato da Jorge Lorenzo, arrivato la scorsa estate con l'ambizione di arrivare dove Rossi aveva fallito, ma quest'anno, per ora, ha sempre preso paga dal compagno. Meglio, non c'è stata storia. Andrea il tranquillo è finito cinque volte davanti a Jorge e in due tagliando il traguardo per primo. Chissà come se la sta spassando, il Dovi, che ha accettato una decurtazione dell'ingaggio a 1,5 milioni di euro pur di restare perché «sarebbe stato un peccato non concludere il lavoro iniziato in Ducati...» e perché le casse si stavano svuotando visti i 12,5 milioni a stagione da versare sul conto di Jorge Lorenzo nei prossimi due anni.
E pensare che il forlivese ha rischiato di non essere al via quest'anno con la Rossa, visto che un anno fa il team di Borgo Panigale rifletteva se dare fiducia all'omonimo Iannone, che ora in Suzuki vede i fantasmi, o a lui. Alla fine, Claudio Domenicali & C. presero la decisione di tenere il più costante, facendo fare le valigie al più giovane, e a volte troppo irruento in gara, degli Andrea. Mai decisione fu più saggia.
A 31 anni il saggio Dovizioso ha raggiunto la maturità agonistica. «Adesso Andrea ci crede» ha sentenziato ieri il ds Ducati Ciabatti. «Rispetto al passato ho più consapevolezza del mio valore» spiega Dovi. E se gli si chiede dei soli sette punti di distacco da Viñales e dalla vetta del Mondiale, lui risponde con una umiltà che lascia di stucco: «Totalmente inaspettato, ma anche in questo momento non penso al campionato». Andrea non vuol sentir parlare di titolo, resterà sempre un campione (perché se fai a bagarre contro questi centauri non puoi che esserlo) seppur coi piedi per terra. «Nelle ultime gare non si è visto ma ci sono aspetti da migliorare per giocarci davvero il campionato» ha ribadito Dovizioso dopo il trionfo che ha prontamente dedicato a Sara, la sua bimba.
Perché dietro questo uomo che rischia la vita e sfreccia a 350km all'ora, c'è pure l'altro mestiere, complicato, di un papà che preferisce restare sveglio per tenere tra le braccia una figlia che non vuole saperne di addormentarsi, rispetto a nottate di bagordi. «Come festeggerò? Ho amici qui, di quelli giusti». Un campione con la testa sulle spalle. Ma che dentro sé avrà pensato: «Chi è che dice che la Ducati vince solo con Stoner?». Ah, come se la starà godendo il Dovi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.