La parabola della Juventus: dall'Avvocato agli avvocati

Ad Allegri riservato il tipico usa e getta di casa Fiat già adottato con Boniperti, Montezemolo e Giraudo

La parabola della Juventus: dall'Avvocato agli avvocati
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Era prevedibile. Un epilogo osceno di una commedia recitata da troppi attori e senza un vero regista. La nuova Juventus è questa, di quella storica è rimasto solo il nome, è cambiata anche l'insegna della ditta, dentro è il caos, o meglio l'anarchia, l'indisciplina. È uscito un saggio, scritto da Jennifer Clark con il titolo L'ultima dinastia, la saga della famiglia Agnelli, riassume la storia di un gruppo che ha segnato un'epoca prima dorata e poi opaca, finendo alle ultime vicende avvilenti di eredità e tribunali. Al di là delle pagine morbide riservate a John Elkann, dalla lettura si evince il tramonto di uno stile e di un comportamento ormai smarriti anche nei simboli di quel tempo, dalla dimore vendute alle fabbriche dismesse. Così si può scrivere del club di football, oggi gestito da John Elkann ma senza alcun contatto vero con il glorioso passato. Colpa di una dirigenza scriteriata, colpa di una realtà economica cambiata, colpa, infine, di un quadro societario che non ha più figure di esperienza, sportiva e calcistica, dotate di personalità carismatica e forte.

Le scene e le parole di mercoledì notte all'Olimpico di Roma sono la cornice di un quadro già disegnato da mesi. La squadra è rimasta in campo mentre le voci di dentro erano cariche di veleno, Allegri ha respirato il gas e alla fine ha reagito platealmente e volgarmente ad una situazione incancrenita, va punito severamente, lo stesso Elkann si è presentato in tivvù, nel dopo partita, elogiando i giovani che rappresentano il futuro, tradotto: non ci saranno spese folli di mercato ma non ha riservato una sola parola di ringraziamento ad Allegri, come aveva già fatto nell'ultima lettera agli azionisti nella quale aveva invece indicato in Cristiano Giuntoli l'uomo del futuro bianconero. Tipico atteggiamento fiattino dell'usa e getta, già verificatosi con dirigenti dell'azienda madre e con figure del club calcistico, liquidate senza un saluto, da Boniperti a Montezemolo, a Giraudo. Oggi la Juventus è un corpo senza testa, una società all'interno della quale si muovono, non in sintonia anzi in subdolo contrasto, manager che sparlano uno dell'altro e da tempo hanno individuato in Allegri l'ospite indesiderato, da scaricare. I cognomi? Elementare, Francesco Calvo e Cristiano Giuntoli ma con loro che ruolo effettivo hanno svolto l'ad Roberto Scanavino e il presidente Gianluca Ferrero? «Imago sine re», dicevano i latini, immagine senza sostanza. È nebbia tossica, è assenza di un capo capace di affrontare, con fermezza e decisione, la questione dell'allenatore, invece trascinandola a questa miserabile fine nella sera della festa per la conquista della coppa Italia e, eccezionale beffa teatrale, proprio alla vigilia della partita di lunedì prossimo contro il Bologna di Thiago Motta.

Il cui arrivo probabile a Torino non cambierà di una virgola il racconto di cui sopra, Motta potrà lavorare con calciatori, amici e confidenti ma non riuscirà più a ritrovare la Juventus dell'Avvocato. Quella di oggi è degli avvocati.

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