Paradisi fiscali e milioni in nero Tremano anche le big italiane

Non solo Mourinho e Ronaldo nella bufera, coinvolte anche numerose società di casa nostra. Attesa per l'elenco dei nomi

Filippo Grassia

Il calcio internazionale rischia di vivere una crisi senza precedenti, fatta di paradisi fiscali, tasse pagate in minima parte, trattative sul filo del rasoio. «Football Leaks» è il nome dato a questa inchiesta che si basa su un imponente archivio segreto offerto da una fonte anonima al settimanale tedesco Der Spiegel e poi condiviso con altre 11 testate europee, fra cui l'Espresso, che hanno dato vita al network European Investigative Collaborations. Una montagna gigantesca di dati. Al centro del materiale le manovre dei grandi procuratori che guidano il mercato mondiale del pallone con transazioni indirizzate alle banche dei paesi offshore. Coinvolti finanzieri, imprenditori, banchieri, mafiosi: tutti pronti, come sciacalli, a spartirsi la torta del calcio.

Le prime rivelazioni portano alla ribalta Cristiano Ronaldo e Josè Mourinho. Il fuoriclasse portoghese del Real Madrid è coinvolto in due filoni: fra il 2009 e il 2014 avrebbe trasferito circa 70 milioni di euro nei conti bancari della «Tollin Associates», società registrata alle British Virgin Islands, uno dei paradisi fiscali più battuti dei Caraibi; alla fine del 2014 avrebbe incassato su un conto svizzero 74 milioni per la cessione dei diritti della propria immagine a Peter Lim di Singapore, chiacchierato patron del Valencia. Su questo emolumenti, il calciatore avrebbe pagato il minimo sindacale come apparirebbe non solo dai contratti, ma anche dalle email con i suoi interlocutori. La presenza di Mourinho in questa miriade di file parte da più lontano, da quando nel 2004 si trasferì al Chelsea cedendo i diritti d'immagine alla «Koper Services» che, guarda caso, ha sede allo stesso indirizzo della società di Ronaldo. Si parla di 1,5 milioni di sterline. Dal 2008 la «Koper Services» fa riferimento al «Kaitaia Trust», fondato dall'ex number one in Nuova Zelanda. Il procuratore di entrambi, il portoghese Jorge Mendes, ha fatto sapere che CR7 e Mou hanno sempre pagato le tasse in Spagna e Inghilterra. In attesa di ulteriori notizie, il fisco spagnolo ha subito aperto un fascicolo su Cristiano Ronaldo: l'ha comunicato addirittura il Segretario di Stato per le Finanze, Jose de Moya.

Fra i club coinvolti nell'inchiesta, secondo l'anticipazione de L'Espresso, ci sarebbero anche Juventus, Milan, Inter, Roma, Torino e Napoli. Il club giallorosso ha fatto sapere che «i pagamenti effettuati alle società controparti sono quelli previsti nei contratti sottoscritti e sempre conformi alla normativa sportiva». Se colpe ci sono, in soldoni, sarebbero da ascrivere ai giocatori e ai loro consulenti, alias procuratori e agenti. In caso contrario i club rischierebbero sanzioni importanti, da una ammenda a una penalizzazione in classifica, fino addirittura alla retrocessione. Al momento la spada di Damocle pende sui calciatori e i loro affini che dovranno chiarire le loro posizioni davanti alla giustizia ordinaria, a quella sportiva e alle agenzie fiscali. Chissà che questo scandalo non porti a un tetto degli ingaggi da un lato e al ridimensionamento dei procuratori dall'altro.

Come se non bastasse, in Inghilterra è esploso lo scandalo pedofilia dopo la denuncia di Gary Johnson che ricevette

50mila sterline dal Chelsea per non rivelare gli abusi subiti da Eddie Heath, il coach del settore giovanile. La polizia, sommersa da 860 denunce, ha avviato 17 inchieste coinvolgendo 55 club fra professionisti e dilettanti.

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