Non c'è un angelo custode per questa Juve. Non c'è un angelo della Provvidenza che la salvi dalla maledizione che annacqua il vino delle sue Champions. Prima si chiamava Coppa dei campioni, ora Champions league: cambia tutto, non cambia la storia. I numeri si sovrappongono alle facce della speranza, i gol cancellano il sorriso della vanità. Maledetto quel tiro di Felix Magath che tormentò la vista di Zoff, maledetti gli infernali tikitakatori del Barcellona, maledetto anche Zizou, certo lui l'uomo che provò a fare da angelo custode in due Champions finite male e, stavolta, è stato il demonio dalla spada di fuoco che ha bruciato la pelle della gente bianconera.
Zidane ammaliatore e traditore, molto più di Cristiano Ronaldo e Benzema, e tanto più di tutto il mondo merengue così abituato a vincere, quanto la Juve a prendersi schiaffoni nelle finali. Stavolta c'era tutto per crederci: una difesa definita imperforabile nei momenti che contano (in altri, quest'anno, c'era stata qualche sbadataggine di troppo), centrocampo e attacco affidati a piedi fini. Dybala che ha il futuro segnato nelle stelle, Higuain con i suoi conti da regolare. Eppoi Buffon, un eroe da pallone d'oro per tutti quanti amano il calcio che profuma della vena romantica.
No Champions, no party: anche stavolta. Pure quest'anno, che la Juve è tornata ad un passo dalla grande impresa, dal triplete sul quale gli interisti hanno impostato i loro riti woodoo per evitare che la Signora annebbiasse l'unica impresa della quale andare fieri. Ancora una volta la squadra è finita in trappola: trappola di una maledizione più che del pallone. Come pensarla altrimenti, come credere che abbiano fallito tutti: Sivori non giocò mai una finale e di lui ci resta un'immacolata grandezza. Gli altri si sono sporcati il curriculum: da Platini a Zidane, da Pirlo e Tevez a Higuain e Dybala. La vinse un altro francese, Deschamps, insieme a Vialli, Conte, Ravanelli e Del Piero, ma volete mettere il diverso charme? Deschamps e non Platini e Zidane. Ci vollero i rigori per metter sotto l'Ajax, chiuse la storia Jugovic.
Ma l'anno dopo, messi insieme Zidane e Boksic, Vieri e Del Piero, rivinse la nera leggenda dell'andare in bianco. Non bastarono fior di giocatori, eppur detta così era questa la Juve dai piedi buoni e dal sapore di Champions. Il Borussia Dortmund ne fece polpette, tre gol e Riedle, un ex laziale, a tagliare la carne.
Oggi la Signora aggiorna il conto: 9 finali, 7 fallite, due soli successi. Un patatrac che neppure il conto finanziario può lenire: stavolta arriveranno in cassa 129 milioni, sarebbero stati 133 in caso di successo. Ma non si vive solo di danaro, anche se il calcio odierno ci insegna a dimenticare le ragioni del cuore e preferisce il tintinnare del danaro. E la Juve continuerà a tener sul palmo solo due coppe dei Campioni, che il tempo fa sentire sempre più leggere. La prima conquistata in così drammatico contesto, che alcun angelo custode ne possa andare fiero: si tratti di Platini e Boniek che stavano sul campo dell'Heysel di Bruxelles, o dell'Avvocato che scappò dal Belgio chiedendo che la partita non fosse giocata. La seconda acchiappata dal gruppo forse meno leggendario, legato all'artista Pinturicchio da tanti amato, ma relegato a subir mestizie più che a gustar delizie europee. Del Piero se la giocherà sempre con l'altro consesso di angeli custodi designati dalla fantasia: Platini, Zidane, Pirlo.
Eppoi i grandi punteros: Bettega e Altafini, Pablito Rossi e Trezeguet, Pippo Inzaghi fino a Carlitos Tevez e Morata.Ecco, dunque, Dybala e Higuain prendete appunti: bisogna essere grandi più dei grandi (e fortunati) per far storia nella Juve.
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