Ciclismo

Pogacar, resa via radio: "Io sono morto". Il Tour è di Vingegaard

Niente impresa. Tadej stremato dalla fatica e da 2 mesi senza gare. Il danese ipoteca il bis

Pogacar, resa via radio: "Io sono morto". Il Tour è di Vingegaard

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Che non è giornata, Pogacar lo capisce dopo pochissimi chilometri, quando si arrota con un altro corridore e finisce a terra senza riportare gravi conseguenze. Che non sia il vero Tadej, però, lo si vede ad occhio nudo quando lo sloveno, a nove chilometri dalla vetta più alta della corsa si stacca. Lui, maglia bianca di miglior giovane alza bandiera bianca e abbandona i sogni di tris al Tour. Sul Col de la Loze china la testa e riconosce la superiorità dell'avversario.

La sua faccia non è bella, i suoi occhi sono persi nel vuoto. Volto ceruleo, occhi stanchi, pedalata pesante. No, non ci sarà l'impresa che in molti invocano. Non ci sarà nessun all-in: ci vogliono gambe per fare certe cose. Invece è la stanchezza a soffocare il suo viso: occhi cerchiati e gonfi, la febbre al labbro indice di un sistema immunitario che è stato minato in queste due settimane abbondanti di corsa. No, non serve scalare il Col de la Loze, per capire come andrà a finire. Lo dice lui, via radio: «Sono morto, Adam (Yates) battiti per me», il laconico messaggio con il quale dà il via libera al suo compagno di squadra.

Da lì in poi è solo un calvario di 15 interminabili chilometri: quasi 5 minuti di ritardo da Vingegaard, ora lontanissimo in classifica. Paga un prezzo salatissimo, frutto anche di una preparazione affrettata e fatta più di allenamenti che di gare, a causa di quella frattura allo scafoide della mano rimediata alla Liegi e conclusa in ospedale. Due mesi senza gare, due corsette prima di ripresentarsi in Francia. «Mi sentivo vuoto, anche nelle gambe», le sue parole all'arrivo.

Ci si aspettava lo scontro frontale e totale e invece non c'è stato nulla di tutto questo. Non c'è stato confronto, non c'è stata sfida, tra due magnifici pretendenti che alla pari erano solo prima del via, quando vengono sottoposti entrambi, ai controlli del sangue. Per la cronaca: il tanto sospettato Vingegaard negli ultimi due giorni ha ricevuto gli ispettori antidoping quattro volte.

In verità il danese era anche il sospettato numero uno per la vittoria di tappa a Courchevel, che però gli sfugge, perché si porta avanti entrando nella fuga di giornata Felix Gall, austriaco di 25 anni che tiene a debita distanza Simon Yates e si prende tutto ciò che conta: dal Souvenir Henri Desgrange la nostra Cima Coppi - alla tappa di Courchevel, dove nel 2000 ottenne l'ultima vittoria della carriera Pantani.

A proposito di scalatori, il nostro Giulio Ciccone si mantiene sulle spalle la maglia a pois di miglior grimpeur della corsa. L'abruzzese in versione Pimpa va a vincere i primi tre gran premi di giornata e rimpingua il proprio bottino di punti, convinto di poter arrivare domenica così vestito a Parigi, cosa che non ci riesce da trent'anni con Claudio Chiappucci.

Deve solo fare attenzione a Felix Gall che è lì a soli 6 punti e alla maglia gialla Vingegaard, che deve colmarne solo sette.

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