RomaVenti anni e poi? Due metri sotto le stelle e sopra un'asticella. «E un fisico da un metro e ottantotto vero. Aboliti i tacchi». Schiaccia l'occhio a quella dei tacchi a spillo. Sì, Federica. Ma tra donne... Parlano la lingua dello sport duro e ancora puro. Quello che trascina e magari ti trascina. Alessia dice di essere un po' tedesca. Butta lì un «crucca». Studia la lingua. «Il nonno era sloveno». É scintillante come i colori che indossa, il giallo Fiamme Gialle del gruppo sportivo, ma anche l'orologio è giallo. E così lo scintillio di parole. Sì, vero, sono scintille, schizzano via ma ti colpiscono. E ti resta il sapore di freschezza, novità, leggere.
Giacomo Crosa, che è stato campione della sua specialità, prima di comprimersi al rango di giornalista, se la coccola. «Ricordati! Non sei una tapasciona. Sei una saltatrice in alto. Tienti su». E fa il gesto, come stesse saltando lui. Lei, Alessia Trost, si mette a ridere. Dice: sì, ho capito. «Ma sono ancora quella che guarda le campionesse come le vedesse in Tv. Vengo da Pordenone. Mi devo abituare. Stamane, quando la Vlasic è uscita dall'ascensore, mi ha preso male. Mi sono girata dall'altra parte: non avevo il coraggio di incrociare lo sguardo. Poi si va in gara e tutto cambia. Ma gareggiare con i propri miti è un surplus: mette le stelline nel cielo».
Stasera Alessia si ritroverà nel catino dell'Olimpico: lei nouvelle cuisine della nostra atletica, stagione indoor con i due metri che ti fanno sentire regina e un quarto posto agli europei che, forse, l'ha rimandata piedi a terra. Stasera ci saranno Blanka Vlasic e Anna Chicherova, fantastiche libellule travestite da fenicotteri. I miti di questa sua epoca. Loro la conoscono. Ne parlano bene. Lei sgrana il rosario. «Se penso a un'atleta dico Vlasic. Ma la Chicherova è eleganza estrema e leggiadria».
E se dice donne azzurre? Oggi trascinano l'Italia. Non siete un po' invadenti?
«Vero: invadenti. Magari i risultati delle donne vengono evidenziati di più. Però vorrei non fosse limitato al nostro campo. Vorrei meno esagerazioni per noi e più attenzione a 360 gradi».
Dicono recenti statistiche che il nuoto è al secondo posto per l'interesse del pubblico. La Pellegrini è servita?
«Credo che lo sport ne abbia bisogno. Ben venga una figura femminile che porti lo sport al centro della vita. Ma per me potrebbe esserci anche un maschio. Conta il risultato».
Ora anche Alessia Trost sta diventando primadonna...
«Non so se ho già messo il vestito e non so se voglio metterlo. Ma se c'è il gruppo è più facile per tutti e pesa meno. Per fortuna mi alleno a Pordenone...».
Dunque pesa...
«Ci stavo pensando. Sono passata dai campionati di società che...vero?...al Golden gala: senza esperienza o passi intermedi. Servono piedi di piombo. Vivo l'atletica nell'atarassia: se va...va. Ci vuole sempre la gavetta».
Dall'inverno indoor a oggi le sono mancate gare?
«Qualcuna sarebbe servita. In allenamento ho messo tante volte l'asticella a 1,90. Ci sono cose da sistemare, devo abituarmi a vedere l'asticella alta. Oggi c'è un punto di domanda: vado, vedo, provo. É bello esserci, non voglio essere riduttiva. Ma questa per me è aria nuova».
Il prezzo del diventare grandi nello sport?
«Me lo sono detto quando ho chiuso dopo gli europei di Goteborg: ora arriva il difficile».
Papà elettricista ed ex podista. Mamma operaia. Chi l'ha seguita e inseguita?
«Papà è stakanov».
E Alessia?
«Assolutamente no. Sono come mamma».
Dalle prove multiple al salto. Predestinata?
«Credo di aver un rapporto di intimità con l'atletica. Sensazioni mie che non trovo in altri contesti. Predestinati? Fa parte della laterale che ogni tanto prendo, non voglio prendere, ma fa parte del tutto».
Cerca maturità?
«La vita è cambiata l'anno scorso. Ero in 5ª superiore: scuola alla mattina, allenamento al pomeriggio. É stato un turbine. Credo di essere cambiata molto».
Oggi studia mediazione culturale e linguistica.
«In parole povere lingue: inglese e tedesco. Faccio traduzione. Visto che sei ore al giorno sono occupate con l'atletica, non ho pensato al futuro: ho scelto qualcosa che mi piaceva».
Scuola: solito problema per chi fa sport?
«Credo che la scuola sia necessaria. Viene criticata perchè tiene le attività separate dal resto, ma è meglio sia così. Studiare significa vivere qualcosa integralmente. Il sistema americano è ottimo per l'atleta studente, ma è un compromesso poco produttivo per le due cose. Ho amici che studiano e fanno gli atleti negli Stati Uniti. Si può fare in Italia, ma certo non puoi pensare a medicina: è un limite».
Insomma si può essere Bolt, ma non si può mediare. Ecco, Alessia vede Bolt e poi...
«Dico che è l'immagine dell'atletica: un fenomeno.
E la Trost che veste da regina sui cartelloni pubblicitari del Golden gala?
«Diventa rossissima. Sviene».
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