Quegli strani schiaffi al nostro sport

di Benny Casadei Lucchi

Sembra paradossale ma non lo è. Forse il caso Schwazer è cosa piccola rispetto allo sgarbo grande subito dal nostro sport ieri al Quirinale. Un ispettore dell'antidoping inviato dalla Federatletica mondo ha bussato all'entrata del Palazzo presidenziale. Voleva effettuare un controllo a sorpresa sulla nostra marciatrice, Elisa Rigaudo. Ha invece umiliato a sorpresa le nostre istituzioni, tutto il nostro sport, anche un po' noi.

Perché dentro il Quirinale c'era un presidente della Repubblica pronto a consegnare la bandiera a Federica Pellegrini che di quest'Italia sportiva è il simbolo. E perché c'era mezza pattuglia olimpica. E c'erano i vertici del Coni e il presidente Giovanni Malagò mestamenti impegnati nel far fronte alla giornata che da più bella del nostro sport si stava velocemente trasformando nella più disgraziata: da una parte il caso Schwazer-bis; dall'altra l'attenzione mediatica sulla portabandiera che si spegneva a causa delle accuse di doping al marciatore. Mancava solo il segugio teutonico mandato dalla Iaaf a bussare fuori dal portone quirinalizio.

La verità è che a nemmeno due mesi dall'apertura delle Olimpiadi, l'Italia dello sport è stata schiaffeggiata. Dal caso Schwazer che proprio non ci voleva e che, se proprio doveva essere, magari non nel giorno della portabandiera. Dal dubbio, sottolineato dallo stesso Malagò, che nella tempistica e in certe cose la vicenda del marciatore non quadri.

E dal crucco irriverente che si è messo a fare toc-toc davanti al Quirinale.

Ma forse sarebbe meglio dire tic-tac. In politica la chiamano giustizia a orologeria. Qui come vogliamo chiamarla? In attesa di risposte, chiediamoci chi ce l'ha con il nostro sport.

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