La data del 9 marzo del 2022 non sarà ricordata solo per l'ennesima «remontada» del Real Madrid, il monarca della Champions come documentano i suoi 13 trofei collezionati. Questa data passerà alla piccola storia del calcio europeo come la sconfitta, clamorosa e pesante, del modello Psg coltivato dai ricchi padroni del Qatar nell'illusione che la semplice collezione di figurine top potesse consentire di costruire uno squadrone capace di dominare la concorrenza e alzare la coppa dalle grandi orecchie nell'anno del mondiale in casa. Ci sono altri mille significati dietro quel 3 a 1 che ha illuminato la notte dei madridisti e il faccione di Carlo Ancelotti, riuscito nell'impresa di smentire i suoi fanatici critici («è bollito», «fa allenare il figlio») e di restituire all'ex amico Leonardo - che lo tradì a Parigi scaricandolo brutalmente - una bruciante battuta d'arresto che vale più di cento rivincite.
Il Real Madrid, al contrario del Psg, ha una sua anima oltre che un dna scolpito dagli anni, è un'anima piuttosto umile e operaia rispetto a quella presuntuosa dei parigini, e lo si è capito soprattutto nella ripresa quando i due cambi operati dalla panchina spagnola hanno prodotto il cambio di passo e di resa che ha stordito le figurine strapagate del Psg diventate fantasmi smarriti, travolti dalle accelerazioni di Vinicius.
La speranza per un calcio migliore e sostenibile è che il 3 a 1 di mercoledì diventi una lezione per tutta la comunità capace di cogliere un suggerimento dalla supremazia morale e fisica dei due eroi Benzema e Modric, 35 e 36 anni, due giganti nella sfida che hanno ridotto a comparse Mbappè e Neymar e soprattutto quel Messi, apparso come una sorta di ospite, capitato per caso dentro un gruppo che non gli appartiene. Se si può immaginare quel che ha provato Florentino Perez, presidente dei blancos, nell'assistere alla «derrota infernal» del suo acerrimo nemico Ceferin attraverso il Psg, è invece documentato da immagini e testimonianze l'aggressivo comportamento del presidente dell'Eca Al Khelaifi nei confronti di arbitro e assistenti a fine partita. Il referto dell'arbitro l'ha inchiodato a un provvedimento disciplinare, l'Uefa ha già aperto un fascicolo, oltre che al pubblico ludibrio.
Alla fine, per dare conto degli umori di casa nostra, sono esclusiva di Gigio Donnarumma e del suo agente, l'amarezza e la delusione più atroci provate dopo lo sfondone su Benzema. L'autorevole l'Equipè lo ha bollato con un 2 in pagella definendolo «il becchino» del Psg mentre sui media italiani i tifosi, in particolare di fede milanista, gli hanno ricordato le parole infelici spese per giustificare il trasferimento («vado in un club ambizioso per vincere») a costo zero. Donnarumma non è mai stato bravo con i piedi come con le mani e ne ha fornito una conferma diabolica parando un tiro a giro di Benzema e poi consentendogli quel recupero provvidenziale che ha dato vita all'1 a 1 e al ribaltone della qualificazione. Il quotidiano spagnolo Marca ha dato conto di un litigio nello spogliatoio tra Gigio e Neymar, smentito - naturalmente - dagli interessati.
È un altro sintomo di quel che Ibrahimovic ha denunciato nel suo libro, e cioè che il Psg è «uno spogliatoio senza disciplina», nel quale comandano i clan. E si sa che quello sudamericano ha sempre tifato per Navas, il concorrente di Donnarumma.
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