Il realismo di Conte: «Juve, vinciamo o non c'è domani»

Il realismo di Conte: «Juve, vinciamo o non c'è domani»

Dopo 190 giorni la Juve si ritrova nuovamente squadra sola al comando di un campionato che esprime più miserie che nobiltà. Dunque meglio non farsi ingannare, meglio ragionare con senso del realismo. E Conte non ha perso un attimo. Quest'anno conta la Champions, uscirne senza nemmeno l'onore di un buon risultato sarebbe una medaglia al disonore calcistico. Ne andrebbero di mezzo il portafoglio societario, il blasone appena rinfrescato ed anche le quotazioni internazionali di un allenatore che conosce il mondo del calcio: tutti passano, meglio andarsene prima. Ieri lo ha ripetuto Galliani, probabilmente da tempo lo pensa pure l'allenatore bianconero.
La Juve è padrona del suo destino ma stavolta il destino chiede solo gol e successo. «Una partita da vincere a tutti i costi, non abbiamo altri risultati. Dobbiamo vincere o non ci sarà un domani». Sintesi e tesi di Antonio Conte, vale un esame di laurea al realismo ed anche all'onestà intellettual-calcistica. Non ci può essere altro pensiero, e nemmeno altro alibi, per affrontare una squadra danese che pur ha fatto intendere di non essere un gruviera, ma nemmeno così ostica come vorrebbe dire il risultato dell'andata in cui il Copenaghen ha acchiappato il pari che vale il perpetuo rimpianto juventino. Quella sera la Juve cominciò a dar segnali di scricchiolio e ci sono voluti due mesi per far ricredere tutti. Da allora ad oggi questa è un'altra Juve: arrembante e concreta, vincente in Italia, rafforzata nell'assetto difensivo, ha scoperto le qualità di Llorente e continua a navigare sicura dietro alla classe internazionale di Tevez.
L'angelo biondo e il brutto Apache sono diventati la coppia del gol bianconero. «Ma non dobbiamo dimenticare chi ci ha fatto vincere negli anni scorsi: parlo di Vucinic, Quagliarella e Giovinco», ha riepilogato Conte. La formica disatomizzata stasera sarà in tribuna: poco male. Il Quaglia salvò la squadra con il suo gol nella partita dell'andata. Vucinic ha capito che dovrà sgomitare: forse è un bene. Llorente ha tenuto botta contro il Real Madrid. Tevez continua ad inseguire il gol in Champions: ormai manca dal 7 aprile 2009, ovvero 12 partite (19 includendo le qualificazioni). Dunque la Juve è in buone mani, o buoni piedi includendo quelli di Pirlo e Vidal. «E sono due anni e mezzo che i ragazzi giocano gare da dentro o fuori. Sarà una gara di queste, dovremo vincere altrimenti non ci sarà bisogno di preparare l'ultima gara». E i tre attuali punti in classifica continuano ad essere una macchia. Mai come stavolta Conte assume il tono del conducator. Forse si è evoluto più della Juve, a livello internazionale, non a caso è considerato uno dei migliori tecnici. Negli ultimi tre anni i punti in campionato sono secondi solo a quelli di Mourinho: la sua credibilità si rafforza. Quella della squadra passerà anche dalla partita di stasera: non è una compagnia danese che ti può far grande, ma sarà una squadra danese che potrà affondare il futuro e l'appeal internazionale della Signora. Inutile guardare solo al campionato italiano. Per capire basta dare un'occhiata ai risultati di questa settimana: fra le sei squadre di testa ha vinto solo la Juve.
Stasera la difesa sarà meglio assestata con Ogbonma e Bonucci. Poi a ciascuno il suo punto di vista. Quello di Conte dice così: «Non ci sono moduli di riferimento in Champions, abbiamo utilizzato due sistemi di gioco ottenendo praticamente tre pari ed una sconfitta. Tutti dicono che è tornata la solidità difensiva, ma la solidità difensiva è tornata sempre con il vecchio sistema». Appunto, meglio affidarsi alla vecchia strada. Senza dimenticare che la Juve non vince da sei partite di Champions e che i precedenti con le danesi sono abbastanza favorevoli.
Stasera in tribuna ci potrebbe essere qualche venticello di contestazione per via delle curve chiuse in campionato.

Conte non crede: «I tifosi delle curve sono il cuore pulsante, coloro che in questi due anni ci hanno spinto a raggiungere traguardi incredibili. Non penso che ci abbandoneranno». Appunto, sennò resteremmo al solito pollaio calcistico.

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