Aveva avvertito un tumulto dentro ieri al solo varcare il cancello dello Juventus Stadium. Figurarsi oggi, quando per Italia-Inghilterra Antonio Conte è tornato a sedersi sulla panchina da dove per tre anni di fila ha urlato e incitato i bianconeri conducendoli per mano a tre scudetti di fila. E la personale partita contro le emozioni l’ha giocata a modo suo, in una notte resa morbida dalla primavera e dagli applausi veri che hanno preso il posto dei fischi temuti. Era padrone, è tornato da ospite. Ed è rimasto se stesso. Al suo posto di sempre lì tra panchina e campo, preso dalla consueta trance agonistica, Conte avrà dimenticato tutto dedicandosi come sempre a passeggiare su e giù a bordo linea, per dire ai suoi - questa notte azzurri, non juventini - cosa fare e cosa no.
"Non mi piace essere messo contro il mio passato", aveva detto nei giorni della rovente polemica con Elkann sull’eccesso di lavoro in nazionale. E invece il suo passato lo ha riabbracciato. Prima con un "Conte" urlato al cielo di Torino, poi con gli applausi dei 30.000 spettatori, tra i quali evidentemente - vista la carenza di striscioni - molto pochi gli ultrà. Ferito dalle accuse di qualche tifoso deluso, sui social, e soprattutto dalle parole di Elkann, Conte ha scelto di non cercare i riflettori dello Stadium. Mentre il suo collega Hodgson seguiva il riscaldamento passeggiando sul prato ad osservare i nazionali inglesi, lui era dentro lo spogliatoio. E lì è passato a salutarlo Andrea Agnelli, accompagnato dall’ad Marotta: un abbraccio tra i due, anche se formale.
Il presidente Juve poco prima si era appartato per una manciata di minuti a parlare con Carlo Tavecchio, poi presente alla visita ’distensivà nello spogliatoio azzurro. Questi sono i giorni della diplomazia e del disgelo, dopo quelli del veleno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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